mercoledì 19 novembre 2008

Changeling:Il Cinema "classico" ci salverà?


Pochi istanti in un irreale bianco e nero e subito si colorano con toni lividi le prime inquadrature, si apre così Changeling.

Eastwood ricostruisce minuziosamente l'epoca della storia(vera) che ci vuole raccontare,siamo nel 1928 alla vigilia della Depressione...attuale no?...incontriamo subito la protagonista Christine Collins madre esemplare e competente lavoratrice,occhio di ghiaccio Clint afferma da subito che la sua eroina è senza macchia e ci suggerisce quindi che sarà vittima di sicura ingiustizia,infatti dopo pochi minuti l'evento clou dell'opera è già compiuto...Il figlio Walter viene misteriosamente rapito, da questo momento in poi non ci sarà pace per tutto il film, che si snoda in varie vicende giudiziarie,denucia dell'incompetenza e arroganza della polizia di L.A.,affronta tutti i sottotesti cari al regista,dalla violenza a carico dei più piccoli alle ingiustizie vissute dal singolo contro il sistema corrotto passando ovviamente per la forza d'animo e la determinazione della protagonista,alla fede e alla pena di morte...c'è tutto,carne al fuoco a iosa,ma è tutto arrosto e niente fumo.

Parliamo ora del significato del film e del perchè Eastwood senza concedersi la più piccola novità ci regala comunque un grande film...la regia è accademica,naturalmente perfetta,classica fino al manicheo eppure appaga anche noi generazione che va al cinema ormai solo per essere stupita o instupidita..le inquadrature sono bellissime e perfette,la fotografia è piena di estro,trabocca di chiari-scuri,un pò opaca e rende immortale lo sguardo della Jolie che guarda di sbieco con i suoi occhioni verdi da sotto il cappellino,ci sono qua e là giochi di riflesso di Christine tra vetri di finestre o specchi,finezza fotografica o forse metafora della vita a metà della protagonista che non rivedrà più il figlio tanto amato oppure che l'ingiustizia potrebbe capitare a chiunque..di riflesso potremmo essere noi Christine Collins.

Tirando le somme Changeling è un gran bel film,ben girato,bravi gli attori,ottima sceneggiatura e bhè diciamolo rispondendo al titolo che ho dato direi :si,certo, il cinema classico all'americana può ancora dare molto..è affascinante come un film così che non dice assolutamente nulla di nuovo ma che si sviluppa linearmente e tecnicamente sempre uguale a se stesso sia ancora in grado di dare così tanto a chi lo guarda che non si annoia mai e anzi se ne compiace..ben vengano i film di Eastwood perchè pieni di concretezza e sempre attuali nonostante la regia sempre maledettamente funzionale solo ed esclusivamente alla storia..come a dirci io ci metto la cornice(bella ovvio!) come a un quadro o la copertina di un libro..la STORIA vale già tutta da sola..BRAVO CLINT!

5 commenti:

Rèvolutionnaire ha detto...

Ad oggi, secondo me, Clint Eastwood è uno dei pochi registi realmente consapevoli,perchè sa ciò che vuol dire e come farlo arrivare al pubblico senza troppi fronzoli. E'asciutto,concreto nella sua rude liricità, anche se in Changeling le lacrime profuse, ma mai sconvolte da reale turbamento, farebbero pensare il contrario. Per questa misura, intesa come "Decorum",è decisamente degno di stima e lode per saperci regalare vere e proprie perle, affreschi perfetti e senza sbavature...Quel che mi chiedo, però, è se sia possibile aspettarsi qualcosa di più. Se sia giusto pretendere uno sconvolgimento vero da un'opera d'arte, che riesca a toccare quelle corde che ci facciano dire usciti dalla sala buia: "Mio Dio, ho sentito, ho capito", non solamente "Ho assistito ad un meraviglioso esercizio formale!". Ora mi spiego, perchè potrebbe sembrare che questo film non mi sia piaciuto: Posto il fatto che il termine "Classico" sia una garanzia di perfezione tecnica, di pulizia winckelmaniana, non manca tuttavia, qualcosa? Non manca il bello dell'errore, l'umanità della sbavatura e la voglia di rischiare? Pare quasi che la vecchia volpe, capita la formula bilanciatissima per creare un'opera degna di plauso, non abbia più nulla da chiedersi, perchè forse meglio di così non si può fare, meglio di un Oscar assicurato che ci può essere? E' vero, bisogna anche capire che Clint, non essendo certo un giovincello potrebbe essere stanco di cercare, di indagarsi per indagare, anche se la sua prolificità fa capire quanto in realtà abbia ancora da dire...Non so, dovremmo chiederglielo...Probabilmente è tutta questione di Gusto, di soddisfazione dei diversi palati,insomma, che ben vengano opere perfette (anche se non capitali), ma cavolo, darei una gamba per un pò di insano sconvolgimento geniale, di avanguardia e tormento!

Artax ha detto...

Però!!! Gnac, gnac!! Caro Segnosulmuro mi hai fatto proprio venire voglia di vederlo, mi è salito quell'appetito da sala cinematografica. Davanti, un bel film alla Eastwood!!(credo che ormai si possa dire così, non è che ne abbia fatti pochi). Grazie per il suggerimento, ovviamente!!
Al problema dell'estrosità, della ricercatezza, insomma del tentativo di produrre arte nel il cinema, anche io ci ho pensato spesso...direi forse che bisognerebbe iniziare a valutare l'idea di dividere per categorie, quasi formulare dei "generi", anche se generi non sono. Il nodo sta nel considerare la tradizione e le caratteristiche di un dato cinema, quello americano ha sempre teso verso un rapporto funzionale e lineare tra il modo di girare e la storia da narrare, dove la seconda doveva essere sempre in primo piano (certo con le dovute eccezioni) e, a mio avviso, ci ha regalato registi che hanno prodotto arte, in maniera indiscussa. Questo cinema che vogliamo definire classico, non ha fatto altro che erigere a massima, il primo fondamento della retorica: il nascondere il più possibile i propri artifici (lasciamo perdere il mondo degli effetti speciali). Quindi magari potremmo semplicemente considerare ciò e basare i nostri giudizi su questo. Però perché continuiamo a sentire quella strana sensazione di non appagamento, spesso, dopo aver visto uno di questi film? Parlando per me credo che o io debba affinare la mia sensibilità, anche tecnica (non sono d'accordo con chi pretende di distinguere nettamente la tecnica dal resto),oppure che il cinema debba rinnovarsi, che venga fuori un modo nuovo di "parlare", ciò che ha fatto Kubrick, il suo cinema parlava in una maniera mai vista prima. Ma chi ha raccolto la sua eredità?...

Rèvolutionnaire ha detto...

Qui dovremmo parlare di genio, di personalità, di estro allo stato puro... Perchè la storia delle Arti è un tuttuno organico si, ma procede per eminenze, nel senso che sarà sbagliato, ma nessuno è precursore di un altro, nessuno è erede di un altro, ogni artista è la summa delle sue esperienze e delle varie ispirazioni tratte da opere viste e vissute.
Qui il relativismo si spreca... Perchè effettivamente è tutta questione di punti di vista e di gusti....Ma prendiamo ad esempio uno, che effettivamente “ce la sa” ed è stato tirato in ballo.... Kubrick, appunto, ha saputo fare del montaggio un arte, perchè attraverso questo espediente tecnico poteva comunicare. E’ questo il nodo centrale, si fa Arte perchè si sente il bisogno di comunicare, per essere capiti, per capirsi, per partecipare, per essere liberi; ma anche in questa ricerca di libertà ci sono delle regole, in questo senso, credo che la tecnica sia funzionale e debba essere appresa al meglio, però, quando si vedono opere che verranno definite capitali e nuove, si sente, non c’è niente da fare e non è solo merito del “mestiere”. Tu fruitore, capisci che, lì, c’è un Qualcosa, magari non comprendi fino in fondo Cosa, anche perchè bisogna abituare l’occhio e il palato, ma sai di trovarti di fronte ad una traduzione sincera e diretta di un mondo interiore unico ed irripetibile, in quanto prodotto da un essere umano unico ed irripetibile. E’ il palesarsi di un grado di sensibilità superiore che dissociato dalla contingenza riesce a comunicare l’universo interiore, l’immaginario, la sfera emozionale prodotta dalla visione di un artista... E’ tutto qui! E’ il saper comunicare, il non avere filtri, il donare allo spettatore la parte più intima di sè, in modo diretto e senza troppa paura di sporcarsi le mani. Ovviamente, poi, il COME è importantissimo, e solitamente è un COME nuovo, insolito, un linguaggio tutto personale.
Per questo non accetto una visione della storia dell’arte come processo ascendente o di degenerazione, ogni artista va visto per quello che è, nonostante vada ad inserirsi in una tradizione, in una storicità di base. Non credo, poi, che un genio come Kubrick, a priori si facesse mille problemi su dove mettere la macchina da presa, stesse li a chiedersi come poteva essere interpretato un riflesso o una sfumtura ( questo è il mestiere dei critici, che spesso assomigliano a degli psicologi, gente che non sa fare altro che interpretare, spesso male ciò che un artista voleva dire...ma questo è un altro discorso!) ; la maniacalità, solitamente viene dopo, quando l’artista è già molto consapevole di sè e delle proprie possibilità...( altro lungo discorso). Questo maledetto, sapeva dirigere con una naturale spontaneità tutte quelle componenti che generano un film, dalla sceneggiatura, alla fotografia, alla recitazione, perchè gli veniva istintivo, sono cose che non si possono imparare, ne spiegare...
Lui aveva dentro qualcosa da dire ed erano necessari degli espedienti per esprimerlo...Fortunatamente per noi ha incontrato il cinema!
In definitiva, penso che la differenza che passa tra un Eastwood ed un Kubrick, sia quella che passa tra un progressista ed un conservatore...Solo questione di coraggio!

LaRanaCattiva ha detto...

Giusto Rèvolutionnaire..è solo questione di coraggio...Bramisci, sifula, gracchia, gracida o ruggisci! Fai il serio, di cavolate, impegnati, non impegnarti affatto, sii tecnicamente perfetto, fai il dadaista del cavolo, che importa...Ma comunica!
Anche se non sempre è vero che l'essere diretti, così "sinceri con se stessi",insomma,un pò pazzi, automaticamente divenga sintomo di genialità!

Artax ha detto...

Può darsi che un'analisi diacronica, evoluzionistica ecc. ecc. sia anche sbagliata, ma non credo che una personalistica, che configuri il "genio" enucleandolo, possa essere più giusta. Il punto non è, a mio avviso, su cosa sia e dove vada la critica rispetto all'autore. Il punto è semplicemente nel rapporto che le opere hanno tra loro, ed esso è sia temporale che tematico. Non esiste creatore "ex nihilo", almeno non uno umano (e Aristotele pensava non ne esistesse neanche uno divino). Quando si parla di generi, si sta ovviamente classificando, so che molti aborriscono la parola "classificazione", ma in realtà è un naturale processo della mente umana. Io credo che sia solo uno sforzo di capire e di sentire, forse anche di ricordare, non vuole certo essere esaustivo, però non va rinnegato. A parte questo, non so se si tratti solo di coraggio, certo i due registi sono molto diversi, io però non credo che Eastwood non rischi, io credo che lui scelga in parte il suo modo di raccontare e in parte possiede quello, non un altro.