giovedì 20 agosto 2009

Settimo lancio...





L'indispensabile ormai è riconoscere una sensibilità che credo sia stata oggetto di mistificazioni, a causa di sovrastrutture culturali e cattiva coscienza, anche nella più onesta e sofferta ricerca dell'autenticità. Questa sensibilità che è propria degli esseri umani e che pascaleanamente penso possa considerarsi il vertice del percorso mentale (uso questo aggettivo evidenziandolo e non "spirituale", perché confonderebbe) di un essere umano, è un sentimento teso al sacro, una sorta credo di espressione profonda e necessariamente impensata di un illimitato, che ricade anche in una dimensione assolutamente sentimentale, che è qualcosa di diverso da una dimensione puramente emotiva e da una sensibile, perché è origine e movente dell'opera, non conseguenza. Quando parlo di opera, forse dovrei parlare di atto sia in potenza che in fatto, ma voglio aprire questo termine a tutto il ventaglio di significati che lo caratterizza, finanche a "opera" come oggetto d'arte.
Per dare risonanza a questo mio discorso, così preciso nel mio tentativo di riconoscerlo tale, eppure così vago da continuare in un certo senso a sfuggirmi, offro questa:


Incoraggiamento

Eco del cielo! cuore sacro! perché,
Perché rimani muto tra i mortali?
E riposi nel sonno, da uomini senza Dei
Bandito ogni giorno nella notte?

Non fiorisce, come un tempo, per te la madre, la terra?
Non fioriscono nel chiaro etere le stelle?
E non vige ovunque la legge dello
Spirito e dell'amore, ora e per sempre?

Tu solo no, non più! ma ti ammoniscono i Celesti,
E quieto ondeggia, plasmando, come un campo spoglio,
Il respiro della natura su di noi, che
Pervaso dall'anima tutto rasserena.

O speranza! assai presto i boschi non
Canteranno soli la lode degli Dei, perché verrà il tempo
Quando dalla bocca degli uomini
L'anima, l'anima divina, si annuncerà di nuovo.

E i nostri giorni saranno ancora come fiori,
E lui, il quieto sole celeste, dispensato in alternanza,
Vedrà la propria immagine e
Lieta nei lieti si riconoscerà la luce,

E amando con più forza, alleato dei mortali,
Vivrà l'Elemento e con ricchezza,
Nella gratitudine dei devoti figli, la forza
Della terra, infinita, si dispiegherà.

Ed egli che tacito impera, preparando
Il futuro ignoto, il Dio, lo spirito
Nella parola umana, nel giorno magnifico
Con nomi, come un tempo, tornerà a chiamarsi.

(Friedrich Holderlin, Incoraggiamento, prima stesura)



Non va confusa, a mio avviso, questa Ode, con un rinnovato annuncio del Salvatore in senso cristiano. E' evidente come Holderlin vada alla radice del linguaggio religioso, in questo testo c'è richiamo sia alla tradizione greca, che a quella ebraica, che a quella orientale, o animistica (si pensi al ruolo della natura).
Più in profondità, quindi, c'è un diffuso rifluire di un canto originario, pre-culturale, fondativo. Nello stesso senso e non in uno parziale o specifico di una determinata-determinabile confessione, vuole essere il mio intervento.

ex-titolum:...in eterno ritorno