domenica 14 dicembre 2008

Peccato & Pazzia

...E allora mi perdo, mi perdo in pensieri, parole, opere ed omissioni.
Il peccato di non aver ancora capito niente del mondo, di come gira, se è mai girato! In raltà credo che stia da sempre fermo. Siamo solo noi a vederlo in maniera diversa. Ogni volta è nuovo, puro, sporco, vile, così come siamo noi nuovi, puri, sporchi o vili.
Non c’è remissione, perchè le colpe non ci sono.
Non c’è peccato perchè la remissione non esiste.

...E allora mi perdo, mi perdo a pensare a quello che vorrei, che spesso è irrealizabile, che più è difficile da ottenere e più spero che invece possa trovare una via per realizzarsi, una via, che dipenda o no da me. Perchè sarebbe bello se tutto per una volta andasse senza fatica nel verso che vogliamo noi. L’irenismo è una utopia? Erasmo sulle sue navi aveva trovato una risposta, dicendo che semplicemente non ne esisteva alcuna perchè l’uomo di fatto continuerà sempre a cercare un Senso al di fuori di sè.
Stare bene è, allora, una utopia perchè non dipende mai da noi ? Il creare un mondo dove ognuno possa finalmente sentirsi appagato, soddisfatto, satollo della vita appena divorata è utopia?
Penso spesso alla follia, mi affascina...Se faccio ben attenzione ai libri che leggo con più gusto o ai film che mi inietto endovena, non posso fare a meno di ammettere che sono tutti un tassello di un grande puzzle. C’è la disperazione, l’emarginazione, le grida di aiuto degli invisibili, i sussurri di chi è stato definito pazzo. Se penso ai quadri che adoro, sono tutti brulicanti di una umanità malata: penso a Heronymus a Peter a Dalì alle cattedrali gotiche...Al disordine, alla meraviglia del Caos che mi sembra più vicina al mio Modo, a quella che sono. Io capisco ed adoro il butto. Ciò che ripugna, quello che gli altri scansano, ha molto da dire per me. Sento la forza straziante di chi stanco di darsi sempre risposte ha preferito ad un certo punto abbandonarsi al dubbio. Anche se il bisogno di certezze da sempre fa parte di me.

...E allora mi perdo, mi perdo in parole che non possono ferire, perchè per farlo avrebbero bisogno di cadere in un Non Vuoto, ma qui il vuoto c’è eccome, senza spinta nè comprensione ribatte l’eco. Tutto è così vuoto e allo stesso tempo pieno di interrogativi.
E’ così difficile rinunciare per una volta alla razionalità? E’ così tremendo lasciarsi andare alla speranza? In effetti pare si!
Un giorno incontrai un pazzo come tanti per strada che gridava al mondo la Speranza, diceva di credere negli uomini, nella loro fragile forza, nel coraggio di poter costruire un mondo nuovo.
Non aveva nome, o forse ne aveva troppi.
Cantava di donne e di uomini che aveva amato perchè non li aveva mai avuti o compresi, dell’odio che provava per chi invece lo aveva posseduto e nonostante tutto si ostinasse a pensare ed agire in modo tanto diverso dal suo.
Non era più lui. Non si riconosceva in quegli occhi, detestava chiunque lo facesse sentire come non sopportava di essere. Era lui, ma senza volontà. Viveva senza un senso la vita che gli altri decidevano. Non sapeva ancora chi o cosa scegliere di essere...Marionetta senza fili, la vita gli scorreva a fianco senza averlo mai come fulcro centrale.
Aveva fame ma non sapeva come cibarsi, aveva sete, ma pensava di poter vivere senza bere. Sapeva solo cantare, con parole affascinanti di persone affascinanti. La cosa più importante era non pensare mai realmente a sè. Sperava di costruirsi solo in relazione all’idea che gli altri avevano di lui. Tutto lo snaturava. Era ciò che era, senza sconti solo quanto perseguiva l’istinto, la parte che meno lo rendeva uomo. Era due, tre, mille persone: era chi aveva conosciuto, era chi doveva ancora conoscere, era lui ed era qualcun altro che detestava, quello che gli altri vedevano.
Quando, esausto da questo peregrinare, decideva di mettere in campo ai massimi livelli il suo sforzo intellettuale, l’orizzonte si perdeva, quella spinta al miglioramento, al perseguimento di un fantasma solo sperato lo faceva morire di continuo in un contrabbasso fatto di disillusione.
Non so dire alla fine che ne è stato di quel pazzo, posso solo immaginare che non si sia mai arreso, che abbia continuato a lottare con se stesso fino alla morte, recitando per tratti di vita ed essendo se stesso in altri.
Ancora un attore.
Se il mondo è tutta un gran messinscena, se siamo tanto bravi nella recita perchè nessuno è contento? Perchè la speranza fa tanto male? Pandora, lo sapeva che da quel vaso sarebbero usciti solo grandi dolori ed è stata capace di richiuderlo appena prima che anche la maledetta Speranza trovasse un varco. C’era anche questo anelito tra le pestilenze, tra i mali, tra le sciagure e le frustrazioni... ancora oggi riesce a seminare dubbi, incertezze, a convincere taluni che in fondo sognare fa bene e nobilita, perchè credere irrazionalmente, spasimare, bramare qualcosa può farci sentire ancora vivi. Solo il Dolore alle volte è capace di darci conferma della nostra stessa esistenza ... tensione romantica e titanica a quello che non c’è.
E’ questo, forse, essere pazzi, alienati, biologicamente tarati, è questo, forse, il non sapersi confrontare con la Realtà.

...E allora mi perdo, mi perdo in opere ed azioni sconnesse, così, tanto per non sentirmi ferma con l’acqua alla gola. Che brutta sensazione l’impotenza. Pare un vero delitto provare sempre e comunque a migliorarsi...Già! Perchè se poi ti rendi conto che non porterà mai a qualcosa di definitivo sei autorizzato a credere di poterti evitare tutta la fatica.

...E allora mi perdo, mi perdo in quello che reputo più grave di tutto, l’omissione. Non dico. Sembra che non serva a nulla dire, ripetere allo spasimo che qualcosa che non va c’è, che nonostante tu abbia ottenuto qualcosa non sia mai abbastanza.
Un giorno ometterò perchè non ci sarà più nessuno a cui interessi realmente che le cose cambino, io compresa! Sarà la disfatta, che tutti si sono sempre aspettati ma che per me era impensabile...
Per ora scelgo di credere, voglio sperare, voglio crogiolarmi nella mia di pazzia ... Quella che ai più mi fa riconoscere come una Ottusa Idealista senza sensi di colpa.

venerdì 12 dicembre 2008

Il divo ...e Todo modo



(brevi accenni su Todo Modo: film del 1977 di Elio Petri, narra le giornate di alcuni esponenti di spicco del potere politico economico e mediatico della società italiana di quegli anni, passate nella pratica degli esercizi spirituali gesuitici, chiusi in un edificio costruito su un sito di catacombe, mentre all'esterno in tutta Italia miete vittime una epidemia...)


Pare evidente dalle parole stesse di Sorrentino, la relazione che intercorre tra Todo modo di Elio Petri e Il divo. L'incredibile e irripetibile potenza iconica oltre che narrativa del film di Elio Petri, potrebbe essere pensata come una necessità propria del tema, come Paolo Sorrentino stesso ammette, poiché l'audacia mostrata e forse intrinseca nelle intenzioni dell'autore, nel procedere del suo narrare, è il bisogno di darsi e dare una risposta che si è celata, che è difficile da scovare, che è un percorso e non si arresta all'evidenza di una storia personale narrata, pur nei suoi più oscuri risvolti. La mia forse appare una provocazione, sto in pratica dicendo che raccontare alcuni episodi della storia di Andreotti non basta, ma è Sorrentino stesso a dirlo; egli, come io sto solo sottoscrivendo, si chiede se la sua domanda su Andreotti sia abbastanza, sia il pretesto per narrare ad arte (cioé fino all'indicibile che è proprio dell'arte) la realtà del potere e della politica dal suo concretizzarsi in un tempo e un luogo, come la DC del compromesso storico per Todo Modo o la corrente di Andreotti e la DC stessa degli anni che di poco precedono tangentopoli, al suo dissolversi nella apparente astrazione dei processi che legano ogni comportamento politico o le riflessioni sul potere nell'uomo. Con questo non voglio certo dire che una narrazione che si fermi ai fatti o che ne stabilisca delle relazioni libere, attraverso la disposizione e il montaggio, nel tentativo d narrare la storia di un uomo in un periodo, non possa condurre alla realizzazione di un opera d'arte, tanto più che Il Divo si connota attraverso una scelta di stile e di approccio originale, ma che il coraggio di cercare e di affrontare la propria materia nel modo più appropriato perché sia un capolavoro è "l'audacia" di cui parla Sorrentino rispetto a Petri.... "TODO MODO PAR ABUSCAR LA VOLONTA' DIVINA"...e non di lui stesso. Paragonare i due film è un azzardo a dir poco, come anche dire che IL DIVO è uno dei più grandi film della cinematografia italiana...quest'ultima certo è un'opinione personale. Ma avrei voluto vedere più "audacia", se la prima cosa che viene in mente quando vedi che hanno fatto un film su Andreotti è "dev'essere un film coraggioso"!!!...A mio avviso preoccupato dal pensiero di mostrare l'umanità di una figura così oscura Sorrentino ha dimenticato che essa era e rimane soprattutto una maschera, un personaggio, la pedina di un gioco più grande. Se si pensa all'Andreotti del film ci si risponde che egli è stato un uomo che ha sacrificato la sua umanità alle logiche di potere e alla stretta che il suo possesso aveva su di lui, ma perché è successo, l'analisi o solo il mostrare come agisce il potere negli uomini e che cos'è, questo per me è stato solo accennato, e credo sia questo il fulcro, non Andreotti in sé. Resta per questo un bel film "storico", ma non certo un capolavoro che trascende le circostanze.

lunedì 1 dicembre 2008

FACCIALIBRO




Noi tutti siamo testimoni, più o meno consapevolmente, dell'incredibile fenomeno di Facebook. Quanti di noi già esistono attraverso di esso e quanti ci affabulano con miriadi di motivazioni che proverebbero l'indispensabilità ontologica del social network più usato da un mese a questa parte, nelle divagazioni internautiche degli italiani. E io, forse come molti di voi, mi ritrovo a vedermi affrancato del bollino dell' a-sociale o a-facebooker, tra l'altro credo ne esista anche un gruppo all'interno del facebook stesso; mio malgrado, però!! Che benché riconosca le mie cattive propensioni che mi spingono a volte ai luoghi più intimi e meno affollati, non mi sento certo identificato dal modello dell'asociale o perlomeno non in tutte le mie manifestazioni. Son certo che anche per voi, che come me non ancora siete su Facebook, è lo stesso; inoltre alcuni di voi, come me ci staranno pensando, perché non farlo? perché non entrare a farne parte?
Di qui adduco, come si suole nel più ardito dei salotti eruditi, in cui si giocano le sorti del mondo, le mie più umili motivazioni verso il no, che mi sono sovvenute come d'incanto stamane appena sveglio (e poi dicono che la mattina non porta consiglio!!):

1) Temo, tra le altre cose, che ci sia il rischio che mi si scopra davvero per quello che sono; chi non ama la sua maschera sociale? chi vorrebbe che tutti sapessero dei suoi spostamenti? Certo non io e credo neanche voi!!Il mito della trasparenza è ciò che forse ci avvicinerebbe di più ad una società sana, ma è anche ciò che più ci allontana dalla nostra essenza di persone. La legge sulla privacy è un vezzo dello stato giuridico, infatti.

2)C'è un detto o forse un proverbio, che recita più o meno "Ognuno si giudica dagli amici che ha"; direi che come tutte le frasi popolari certo conserva un fondo di verità. Se questo resta come assunto ne consegue che l'indice più o meno alto di gradimento e fama che ognuno ha, a seconda di quanti amici possiede in facebook, snatura qualsiasi più o meno legittima capacità di produrre sani PREGIUDIZI sulle persone... un disastro di proporzioni colossali!

3)E ultima, ma non meno importante, tra le motivazioni, è quella che si basa su un principio che credo di aver letto una volta in Pirandello. Egli, se non erro, descrive la sensazione di disagio e di assoluta disapprovazione che afferra l'uomo che si ritrova di fronte alla scena di due suoi buoni amici, che non si conoscevano prima, parlare e che magari proprio lui ha fatto incontrare per la prima volta, quella volta. Erano amici frequentati in ambiti diversi e lui era lì immobile e li stava guardando terrorizzato conversare piacevolmente. Può apparire tale atteggiamento proprio di una persona estremamente egocentrica e gelosa. Ma non è questo a mio avviso, esso è il terrore di fronte all'annullamento della propria frammentazione, del dissolversi in una identità data dalle circostanze di due ambiti diversi che si uniscono. E' banale e improprio dire che ci sono degli aspetti positivi nel fare conoscere i propri amici tra loro, questo lo sa anche l'uomo in questione, ma non toglie il dramma del suo verificarsi. E cos'è facebook se non quest'incubo elevato a prassi?!!

Credo che se voi avete un po' di buon senso, sarete stati pienamente convinti dalle mie pur modeste tesi. Approvandole a pieno e agendo di conseguenza...ovvero come vi è d'uopo...incoerentemente, com'è giusto!... siete subito corsi a guardare se qualcuno vi abbia aggiunto tra i suoi amici! Lasciando queste vaghe parole alla loro bizzarria.
Ma se siete come me e quindi assolutamente colti da spirito di furente contraddizione, resterete fermi nel vostro proposito di non indulgere in queste nuove forme di rilassatezza conviviale.
Poiché chi è savio sa concedersi ai piaceri più vani e multiformi, al contrario chi è folle gode solo nell'ostinarsi nella propria fissazione e non cedere...
..hihiihihiihihihihihiihi!!!

domenica 30 novembre 2008

Cromatismi nei film

Spesso, durante la visione di un film, nel percorso di immedesimazione che il cinema opera su di noi, incappiamo in una sensazione di disagio. Più tardi riteniamo tale sensazione legata ad un impressione della visione, facendone un giudizio estetico, però non sapremmo dire da cosa esattamente essa è prodotta, ci sembra che la scelta dei colori, la nitidezza, la gamma dei contrasti...in qualche modo l'insieme dell'immagine, non ci convinca. Finiamo per soprassedere a quell'impressione, non dandogli troppo peso, a meno che essa non sia tremendamente evidente come in molte delle varie fiction televisive. Certo poi c'è da considerare il grado di conoscenza che ci permette una critica delle immagini stesse, diciamo che il mio discorso è abbastanza generalista e superficiale. Ad ogni modo, mi è capitato di incappare in un breve estratto di un'intervista a Tarkovskij, che, come capita solo di rado, ha espresso chiaramente e perfettamente ciò che per me era solo un'impressione, illuminandomi e regalandomi ulteriori spunti di riflessione. Ecco l'estratto:

"Colore (e Bianco e Nero)

Forse occorrerebbe neutralizzare l'effetto troppo attivo del colore alternando quest'ultimo con delle scene monocrome, allo scopo di scaricare, di attutire l'impressione che esso produce nel suo intero spettro. Sembrerebbe che la macchina da presa si limiti a fissare esattamente sulla pellicola la vita reale: perché allora da un'inquadratura a colori spira un sentore di così impensabile, mostruosa falsità? Evidentemente ciò dipende dal fatto che nella riproduzione meccanicamente esatta del colore è assente il punto di vista dell'artista che, in questa sfera, perde il proprio ruolo organizzativo e la possibilità di scegliere. Manca una "partitura coloristica" del film, con una propria logica di sviluppo, tale possibilità è stata tolta al regista dal procedimento tecnologico. Analogamente diventa impossibile un'accettazione personale, selettiva, degli elementi coloristici del mondo circostante. Per quanto ciò possa apparire strano, nonostante che il mondo che ci circonda sia colorato, la pellicola in bianco e nero ne riproduce l'immagine in maniera più vicina alla verità psicologica, naturalistica e poetica di quest'arte che è basata sulle caratteristiche della nostra vita, oltre che dell'udito. In sostanza un autentico film a colori costituisce il risultato di una lotta contro la tecnologia del cinema a colori, oltre che contro il colore tout court."

Per me è stato esaltante poter riconoscere ciò che sentivo da spettatore a volte, in queste parole che sono di chi ha operato nel campo. Riconoscersi in delle parole è certo sempre esaltante e per questo ho deciso di postarle, questo non significa che si debba essere d'accordo. Probabilmente c'è chi la pensa diversamente, mi viene anche da pensare al cinema digitale e a come con esso sia più semplice operare sui colori, ma forse lì ci sono altri problemi. Il punto della questione resta...non trovate?

domenica 23 novembre 2008

Rousseau quanti danni ai cervelli anfibi!

Siamo tutti dei terremotati e non ce ne rendiamo conto!
Intorno a noi il mondo si sgretola, crolla, non ce la fa a stare su, non ce la può fare, perchè tutto e tutti remano contro ad un reale cambiamento. Quanto è facile distrarsi dalle situazioni più penose, porre lo sguardo altrove, dove un pensiero felice e l’illusione del benessere ci fanno sentire meno soli. Ma per quanto si può continuare? Per quanto riusciremo ad ignorare che le cose in Italia così come sono non vanno? Che siamo pieni di apparenti certezze, di cose, di inutili passatempi, ma non di Sostanza? Indignazione o Indifferenza? Che cosa è meglio? Che atteggiamento vogliamo mantenere se pensiamo al nostro futuro?
Troppe domande Rana... crollerà il cielo anche sul tuo stagno! Crollerà come crollano i soffitti di fatiscenti istituti sulle teste di ragazzini, verrà dimenticato come i laboratori di ricerca universitari, verrà violentato come i corpi di chi chiede solo la possibilità di scegliere, sarà seppellito sotto le macerie di disastri annunciati, verrà fatto passare sotto silenzio, perchè fa paura aprire gli occhi, fa paura rendersi conto di quanto gli esseri umani siano alle volte peggio degli animali, capaci di bassezze inspiegabili, di follie senza giustificazione. L’autodistruzione prima di tutto! Vivi veloce, mangia, cresci, sbaffa, fotti, calpesta, fai soldi, sporcati, pulisciti, redimiti, ma anche no, sensi di colpa, sesti sensi, onnipotenza, violenza, violenza, violenza. Non c’è tempo, non ne abiamo mai avuto, tutto corre, o ci vogliono far credere che sia così. Gli animali non hanno la percezione del Tempo, noi siamo troppo consapevoli, ecco che cosa è tutta questa foga: Fai qualcosa, non c’è Tempo, è TARDI tutto è perso, presto che è tardi.....Non c’è TEMPO.
Reagisci, ti dibatti, ma se sei solo come fai? Ci vuole il numero, ci vogliono le persone che vogliono smettere di avere paura nonostante sia così difficile, che si siano rese conto della situazione grottesca, da commedia dell’arte, perchè i personaggi ci sono tutti. Siamo tutti personaggi...Viviamo recitando staticamente, siamo automi, siamo fotogrammi, siamo tutto e niente, siamo quello che vogliamo essere, siamo una generazione Inconsistente! Rime, rime, scioglilalingua...
Mi gira la testa, mi si chiudono i pori anfibi..Non respiro. Asfissia!
E allora assisti, sei impotente, perchè ti hanno fatto credere di essere impotente. Piangi per le stragi, i genocidi, le pulizie etniche, la noia che genera la più assurda violenza e ti chiedi perchè? Ti chiedi anche perchè nessuno sembri chiedersi il perchè? Chaplin che stringe i bulloni....La catena di montaggio...dove è Rousseau? Tu lo conosci Rousseau? “L’uomo è nato libero, ma ovunque è in catene!”.
Le catene, catene che nessuno vuole avere, ma tutti vogliono mettere: possesso, potere, volontà altrui piegate al tuo volere...Onnipotenza...Follia umana!
Mi serve una doccia calda, uno stagno tropicale, la foresta Amazzonica, la Natura (finchè ci sarà ancora)...Ho freddo, ancora tanto freddo!

mercoledì 19 novembre 2008

Changeling:Il Cinema "classico" ci salverà?


Pochi istanti in un irreale bianco e nero e subito si colorano con toni lividi le prime inquadrature, si apre così Changeling.

Eastwood ricostruisce minuziosamente l'epoca della storia(vera) che ci vuole raccontare,siamo nel 1928 alla vigilia della Depressione...attuale no?...incontriamo subito la protagonista Christine Collins madre esemplare e competente lavoratrice,occhio di ghiaccio Clint afferma da subito che la sua eroina è senza macchia e ci suggerisce quindi che sarà vittima di sicura ingiustizia,infatti dopo pochi minuti l'evento clou dell'opera è già compiuto...Il figlio Walter viene misteriosamente rapito, da questo momento in poi non ci sarà pace per tutto il film, che si snoda in varie vicende giudiziarie,denucia dell'incompetenza e arroganza della polizia di L.A.,affronta tutti i sottotesti cari al regista,dalla violenza a carico dei più piccoli alle ingiustizie vissute dal singolo contro il sistema corrotto passando ovviamente per la forza d'animo e la determinazione della protagonista,alla fede e alla pena di morte...c'è tutto,carne al fuoco a iosa,ma è tutto arrosto e niente fumo.

Parliamo ora del significato del film e del perchè Eastwood senza concedersi la più piccola novità ci regala comunque un grande film...la regia è accademica,naturalmente perfetta,classica fino al manicheo eppure appaga anche noi generazione che va al cinema ormai solo per essere stupita o instupidita..le inquadrature sono bellissime e perfette,la fotografia è piena di estro,trabocca di chiari-scuri,un pò opaca e rende immortale lo sguardo della Jolie che guarda di sbieco con i suoi occhioni verdi da sotto il cappellino,ci sono qua e là giochi di riflesso di Christine tra vetri di finestre o specchi,finezza fotografica o forse metafora della vita a metà della protagonista che non rivedrà più il figlio tanto amato oppure che l'ingiustizia potrebbe capitare a chiunque..di riflesso potremmo essere noi Christine Collins.

Tirando le somme Changeling è un gran bel film,ben girato,bravi gli attori,ottima sceneggiatura e bhè diciamolo rispondendo al titolo che ho dato direi :si,certo, il cinema classico all'americana può ancora dare molto..è affascinante come un film così che non dice assolutamente nulla di nuovo ma che si sviluppa linearmente e tecnicamente sempre uguale a se stesso sia ancora in grado di dare così tanto a chi lo guarda che non si annoia mai e anzi se ne compiace..ben vengano i film di Eastwood perchè pieni di concretezza e sempre attuali nonostante la regia sempre maledettamente funzionale solo ed esclusivamente alla storia..come a dirci io ci metto la cornice(bella ovvio!) come a un quadro o la copertina di un libro..la STORIA vale già tutta da sola..BRAVO CLINT!

lunedì 10 novembre 2008

La chiave della felicità è la disobbedienza in sè...

- Salta, salta, piccola rana, salta, salta intorno a questo mondo che frana. Non trovare scuse, non legarti alla decadenza, cerca, trova e senti una linea che ti porti ad una conoscenza. Danza sotto tristi cieli color del rubino, affonda le tue zampe in quel carminio, sguazza e gracida sotto la pioggia, fanne sentire la placida bellezza. Non pretendere che tutti si innamorino di questa realtà, suggeriscine solo la potenziale mancanza di banalità. Rauca ed intermittente gridalo, non ti fermare, perchè le idee sono le uniche cose che non si possono violare...
Non c’è fine non c’è inganno... “Venghino signori, che qui si può parlare senza affanno”.
Annusa come ratto le claustrofobiche rovine del passato che mai tornerà e poi d’incanto ritrova il centro, ritrova la via. Ridi e ricadi in quel forsennato ballo su candide ninfee “Casa mia, casa mia”...
Cattiva si allontana e ritorna Rana...
Un cordiale buonasera a tutti... è l’irrazionalità della RanaCattiva a parlare...So che prima o poi romperò definitivamente i coglioni con questa storia, ma il problema è che la schizofrenia è una brutta bestia e non volendo finanziare le vacanze caraibiche di qualche gretto psichiatra, ho ripiegato su questo mezzo meno costoso, forse un pò cheap, ma tanto chic! Eh, vabbè a questo giro prendetemi così...E’ colpa di tutta questa dannata umidità che ti entra nelle ossa... Sono l’unica rana al mondo che soffre di reumatismi...Costretta in casa dal tempo e dall’influenza che si può mai fare?... Ovvio, dare fondo alla quantità industriale di DvD più o meno originali che si sono messi da parte per tempi peggiori, tempi tipo questi, in cui lo sconforto e la depressione, dettati dalla nostra condizione di nullafacenti-bamboccioni-pseudostudenti-impegnati, ci hanno stritolati.
E’ stato così che il 4 Novembre scorso durante un temporale pomeridiano mi sono ritrovata con le alte bestie che popolano il mio stagno studentesco a prendere una decisione....O spaccare il muro con l’annessa spina televisiva che mai funzionò (ribbattezzata la malefica spina dell’antenna televisiva che mai funzionò) o vedersi un film dalla mia riserva personale.
IlRagnoIperattivo era già pronto con mazza e piccone, vista la sua scarsa stima nei confronti dei miei gusti in fatto di cinema; ma come sempre la mia fidata amica L’AllegraKoala, ottimista e pacificatrice ha optato per la soluzione più diplomatica un film che neppure io avevo mai visto...Almeno non ci sarebbero stati dubbi... meglio di quelli che sponsorizzo di solito doveva essere per forza! Così è iniziata la visione di V per Vendetta... tratto dall’omonimo fumetto scritto da Alan Moore e disegnato da David Lloyd pubblicato la prima volta tra il 1982 e il 1985.
Ora, potrei abbandonarmi ad una digressione sull’ultima mia mania per le Graphic Novel, ma la riservo per eventuali nuovi suggerimenti...Dove eravamo? Ah, si...Ecco il bandolo V per Vendetta come momento illuminante della mia giovine vita, stimolo indefesso per il mio animo già di per sè abbastanza sovversivo...Avete presente quando vi si palesano delle cervellotiche corrispondenze, delle relazioni tra quello che vi accade intorno, tra quello che pensate, che siete e un’ opera che riesce a tradurlo tanto semplicemente da rimanerne senza fiato, una storia assolutamente diversa da voi, una realtà fuori da voi e dalle vostre esperienze, che comunque è lì, una Nuda Verità e per niente Scomoda? Ecco quel che mi è successo! E’ una sensazione di totale comprensione, di avvicinamento completo, di profonda solidarietà...Cosa che a me capita poche volte, ma quando succede riesce a darmi la spinta, l’ispirazione necessaria per continuare con i miei sproloqui, semplicemente perchè solo se capita riesco ad avere la forza necessaria per credere in me. E vivo per questi momenti in cui mi posso sentire parte di un tutto. Il film inizia, udite, udite, raccontando gli eventi occorsi in un futuribile 4 Novembre...particolare che ha stuzzicato la mia suggestionabile mente....per poi svilupparsi in un anno solare, anno nel quale il destino di una Londra grigia ed oppressa da un governo totalitario, verrà riportata a nuova consapevolezza dall’eroe positivo-negativo V...Ovviamente non sto a raccontare per filo e per segno la storia, anche perchè siete grandicelli e se volete ve la andate a vedere da soli, quello che mi preme e far capire quanti sono i possibili punti di paragone tra la nostra situazione politica ad oggi e quella che il film propone. Io lo ho visto come un monito, l’ennesimo nato da una mente geniale che ha voluto donare al mondo la sua visione consapevole, per scongiurare il pericolo di eventuali revisionismi storici, che ci lascierebbero in balia della sconcertante ciclicità degli eventi o più semplicemente della stupidità umana. Una magnifica summa di ciò che accade ad un paese quando perde la sua identità e si affida per paura a chi sa proporre le soluzioni più semplici, anche se violente e censorie. Il simbolo di tutte le dittature tristemente ed eternamente uguali a se stesse. Basta astrarre e fare un simpatico giochino di cambio di nomi...
Il film è, inoltre, apprezzabile tecnicamente; chi ama le finezze della fotografia e le regie vivaci troverà terreno fertile (non storcete subito il naso di fronte al nome dei fratelli wachowski che hanno scritto e prodotto...Anche io temevo, ah se temevo l’americanata! Invece, alla fine, il tutto risulta molto inglese nella forma, solo verso la fine si vedono alcuni “calci rotanti” di troppo), anche dal punto di vista interpretativo il cast non delude...Insomma, non farò la specialista che non sono, dico, semplicemente che di carne al fuoco o trippa per gatti ce n’è, chi vuole incazzarsi un pò per la situazione politica attuale e per la sua sconcertante banalità si guardi V per Vendetta...E con questo mi congedo. Un saluto.

P.S. Prossimamente per continuare con i soliti viscosi discorsi sulla precarietà della Nostra generazione, andrò a vedermi un gruppo di traduttori del disagio: “Le Luci della Centrale Elettrica”...Ora non per fare pubblicità, perchè tanto sappiate che non intasco nulla, sono a Bologna a presentare il loro libro sulla Generazione Zero il 13 Novembre in via Mascarella e il 14 in Viale Zagabria per il loro concerto....Comunque se volete saperne di più su questo gruppetto di angoscianti virgulti e se volete visionarvi bene le date in giro per il Belpaese, vi consiglio di sbattervi un pò, di cercare sul webbe, tanto non essendo dotati di dita palmate, non farete neppure fatica...Vi saprò poi dire qualcosa.

mercoledì 5 novembre 2008

LaRanaCattiva nello stagno della generazione precaria

NOTA BENE: Questo sfogo nasce il finesettimana scorso, durante un viaggio in treno durato più del previsto. Di fronte a 3 ore d’attesa da passare alla stazione di Parma, la prospettiva sarebbe stata quella di lanciarsi a pelle d’orso sui binari, invece è successa una cosa strana che da tempo non capitava...L’impulso irrefrenabile di scrivere. Ecco perchè non ho cambiato una virgola, sarebbe stato ingiusto ed ecco perchè alcuni riferimenti all’inattività del blog sembreranno fuori dal mondo ora che il giorno dei morti ha miracolosamente ridato vita a questa piattaforma....

- Sento freddo...
- Forse sarà l’autunno!
- No...non è la stagione, è un freddo che parte da dentro non da fuori.
- Che intendi Rana? Spiegamelo non posso sentire quello che provi tu, siamo diversi.
- Cattiva, dovresti essere in grado di avvicinarti empaticamente a me, ma so che non è per niente facile...
- Ma io sono te, eppure alle volte non ti capisco. Non puoi farne un dramma se siamo diversi. Io ragiono, tu senti... Io sdrammatizzo e non prendo sul serio niente sul quale si possa ragionare, perchè analizzando... qualunque evento può essere ridotto al semplice, al comprensibile, qualcosa di acettabile e divertente come un gioco... Dai che lo puoi capire...La classica Ironia della sorte!
- “Il gioco è uno dei lavori più seri del mondo”... Io non posso far altro che strepitare per ogni accidente che mi si para di fronte, perchè sono delle pulsioni incontrollabili quelle che mi muovono. Non ho la lucidità necessaria per discernere tra “Me” e il “Fuori da Me”. Tutto è così viscosamente collegato, un pantano indecifrabile, quello che mi calpesta dall’esterno non posso leggerlo se non in relazione a quello che provoca, alle reazioni che suscita in me. Tante relazioni, varie coincidenze, corrispondenze inspiegabili, torrenziali, che a ciel sereno mi travolgono, non possono essere casuali. Io devo dare un senso a tutto questo, perchè il Senso sta negli occhi di chi guarda.
In questo caso ti dico che sento freddo, un freddo di desolazione!
- Va bene, allora per un momento cerchiamo di trovare un punto di incontro. Solo per capire, altrimenti si continua a parlare di nulla. Non deve essere difficile trovare quella chiave di volta, dove le nostre spinte contrarie ed opposte possano generare una stabilità di fondo...un equilibrio, insomma.
- No, non dovrebbe essere così difficile, basta volerlo! Prova allora ad entrare sotto la mia pelle apparentemente viscida e repellente. Entra e scava fin dove c’è luce, quando incontrerai il buio, lì, saprai di essere arrivata dove nascono le paure più nascoste, quelle che fatichiamo persino ad ammettere con noi stessi. Sentirai finalmente. E’ troppo difficile spiegare una sensazione. Bisogna condividere le stesse esperienze, sguazzare nello stesso fango. Dove sarò io sarai anche tu, anche perchè la vita è una e il mondo finito nelle sue categorie di Spazio e Tempo: solo allora capirai cosa intendo per Freddo.
- Ho paura di non trovare niente che possa cambiare le cose. Tanta fatica spesa, per ritrovarsi nuovamente al punto di partenza. Per di più avendo scoperto cosa vuol dire questa dannata sensazione di Freddo.
- No, no, a meno che tu non sia impermeabile (scusa l’ossimoro, visto che sei una rana), vedrai che ti troverai ad essere diversa, nuova, non si può fingere che nulla sia successo, proprio perchè è successo, è diventato Reale, una Verità oggettiva. Se poi deciderai di far finta di nulla, beh, problema tuo... Me ne farò una ragione, ma rimarrò per sempre nella convinzione che hai avuto paura. Paura di sbagliare, paura di perdere il controllo della tua vita, che se non te ne sei resa conto sta già sbandando da tempo, come quella di tutte le altre rane che popolano il nostro stagno.
- Ma di cosa stai parlando? Io non capisco più nulla. Sembri una pazza. Quale ordine c’è ancora da sovvertire? Rischi di sembrare la depositaria di una Verità che forse neppure esiste... Vedrai attirerai su di te solo biasimo ed incomprensione... Perchè mi vuoi trascinare nel tuo mondo di follia visionaria ed idealista?
- Perchè credo che una volta che ti sei esposta non puoi più nasconderti. Perchè diventerà necessario per te combattere per ottenere quello che vuoi realmente. Esporsi vuol dire conoscersi a tal punto da non aver più paura del giudizio altrui, ma per conoscersi bisogna faticare, provare, farsi male, sentire intensamente con ogni verde fibra del tuo corpo. E’ vero, sarai addomesticata a quel punto, ma dimmi chi è mai stato libero? Nasciamo e siamo già schiavi di noi stessi, la Libertà se esiste risiede solo nel non aver paura del bello e del brutto che alberga in noi. Quando si sarà raggiunta l’accettazione dell’essere meravigliosamente imperfetti, allora sì, che la visione cambierà, che riusciremo a perdonare anche gli altri per la loro finitezza. Non esisterà più il Giudizio.
- Razionalmente non ti capisco, però credo che non ci sia nulla di sbagliato nello smuovere le acque e provare a darti man forte, anche perchè da sola saresti una mina vagante.
- Ti ringrazio Cattiva, perlomeno ora potrai sentire anche tu freddo ed aiutarmi a farlo sentire a tutto il resto dello stagno.
LaRanaCattiva si è finalmente riconosciuta... Ha ricostruito la sua autoconsapevolezza. Sente freddo... Il gelo della disillusione.
Ora se il suo piccolo cervello anfibio regge all’idea di fare ciò che sta per fare, spiegherà le ragioni che l’hanno spinta ad okkupare (così con le K affabuliamo anche i gggiovani) questa pubblica piazza ...Ispirata forse dalle mobilitazioni civili degli ultimi tempi.
Se è vero che un Centro, un nucleo caldo di fervore culturale non esiste più, che Segnosulmuro, quel luogo di libera espressione ideologica è andato miseramente prosciugandosi alla radice, perchè non nutrito da dibattiti e contraddittori, ne consegue che neppure una posizione di marginalità a questo polo centrale esiste più. E’ solo questione di punti di vista: Quale opposizione può esistere al Nulla? Semplice, nessuna. La mia presa forzata di possesso diviene dunque legittima dal mio punto di vista, anche se apparentemente parassitaria ed abusiva.(In realtà sarebbe stato troppo faticoso aprire un mio blog)... Ma chi può dire che questo sia realmente un male e che io non lo stia facendo con scopi benigni? Chi vuole leggere i miei sproloqui come spocchiosi, faccia pure, le libere interpretazioni mi affascinano.
Comunque... Non per fare stupide polemiche, ma forse mancava un principio di fondo, un progetto di reale miglioramento comune, di disinteressato dialogo tra le teste dei creatori di questo blog e i potenziali fruitori. E’ comprensibile che il tutto fosse un esperimento, un giocoso divertissement, ma credo che si possa riuscire ad arrivare a tutti se solo per un attimo ci si dimentica dell’autoreferenzialità. Assurdo che sia io a parlare di autoreferenzialità... quando sto usando questo mezzo per parlare di me fino ad ora, ma queste sono presentazioni, probabilmente andando avanti il tiro verrà aggiustato e saprò spiegare a fatti quello che intendo per utilità filtrata attraverso l’esperienza personale.
Perchè non voglio pensare che jente valida abbia potuto scambiare l’utilità potenziale di un blog, per vuoto esercizio formale. Sia nato, in realtà...o mio Dio... “Perchè, cioè, fa figo avere un blog, cioè, perchè così possiamo far vedere quanto ne sappiamo, cioè perchè si, dai, in preda ai fumi più disparati è bello credere in un sogno, credere di poter essere utili a qualcuno in città, nel mondo negli universi paralleli!”. Il narcisismo farà anche bene, ma occhio a bearsi troppo (ma quanto siamo bravi, ma quanto siamo affascinanti) si rischia di rimanere imprigionati in una adolescenza patologica, che alla nostra età risulta grottesca.
Io che sono un anfibio, per definizione nè carne nè pesce, una sorta di polpettone cotto a metà,sono perfettamente consapevole di non poter essere per nessuno un punto di riferimento visto che non basto neppure a me stessa. Sono qui solo per apportare il mio punto di vista, la mia esperienza... Un pò sparando a zero, un pò ragionando seriamente, ed un pò tanto...dicendo cazzate, ma cercando di proporre e proponendo, come farei con i miei sventurati amici, qualcosa da fare e qualcosa su cui riflettere. Per sfruttare al meglio una occasione che potrebbe finire come ben sappiamo, ma magari no...Who knows?
Per una creaturina piccola e gracidante come me è abbastanza facile rompere le scatole, nel senso che essendo da poco nella Dotta, tutto mi appare meravigliosamente sconosciuto e non posso fare a meno di stupirmi (e palesarlo fastidiosamente) per la quantità spaventosa di stimoli che qui la città propone... Ebbene si, sarò provincialotta, il buon Fedro parlava di topo di campagna e topo di città , ma qui io parlo di capacità di meravigliarsi ancora, di entusiasmarsi di fronte a qualcosa di prezioso. Quella che Saint Exupery avrebbe chiamato “ la Capacità di saper ancora Arrossire”.
Stanca di vagare in cerca di rivoluzioni più o meno permanenti, di stimoli continui non ho dovuto far altro che attendere l’inevitabilità degli eventi...Ad azione reazione. Messa giù così a muso duro...può sembrare un “Ve lo avevo detto!”... In effetti è un “ Eh, me lo aspettavo, la resistenza alle difficoltà non è il vostro forte!”...Lo so, lo so è uguale!
Saltando in lungo ed in largo ho deciso di infestare questo stagno ben sapendo che la sua placida quietanza mi avrebbe lasciato la tranquillità per agire indisturbata e molesta come piace tanto a me. Già, già... chi se lo sarebbe mai aspettato che un blog fondato da ggggiovani virgulti della migliore specie impegnata ed intellettuale, tutti nati e cresciuti a cinema e lettertura avrebbero così presto abdicato alla Noia e all’apatia più totale. Ragazzi poco più che ventenni, la meglio gioventù dell’intellighenzia bolognese che frustrata dal non sapersi misurare con la fatica intrinseca della vita ha preferito cedere il proprio sogno di apostolato culturale perchè in definitiva si ha meglio da fare...o comunque perchè è troppo difficile mantenere un qualunque tipo di continuità.
E’ troppo facile abbandonarsi all’entusiasmo, quasi in preda ad un orgasmo di aspettative se poi non si hanno gli attributi per soffrire e lavorare per ciò in cui si crede.
Sognare e sognare alto è davvero una virtù e se ancora si è in grado di farlo, perchè buttare tutto nel cesso per paura di essere considerati folli o di rimanere degli incompresi?
Quanto è bello fare la maestrina che bacchetta i girini svogliati; che surreale gusto autolesionistico mi anima e che soddisfazione generare disprezzo (almeno una rezione).
E’ troppo facile parlare attraverso le opere altrui, loro sono lì e sono un dato di fatto, non aspettano altro che essere continuamente riscoperte attraverso occhi sempre nuovi, come le coscienze individuali che le approcciano. Vogliamo mettere la faccia per quello in cui crediamo e vogliamo analizzare un film, un programma, un libro attraverso il filtro della nostra esperienza, senza ricorrere a prontuari e formule da compassati critici. Qualcuno lo ha anche fatto, ma poi ha smesso di credere nella potenza delle parole, come se fosse tutto inutile, ancora una volta come se niente avesse Senso!
E’follia credere fermamente in qualcosa? E’ follia credere in qualcosa pur essendo consapevoli che potrebbe non servire a cambiare di fatto la realtà circostante?
Non so darmi risposta, o meglio, me la do eccome...

domenica 2 novembre 2008

La legge, la fede e il caso di Eluana Englaro

Qualche giorno fa, mi sono messo a guardare L'infedele, il programma televisivo diretto da Gad Lerner. In studio era presente come ospite d'onore, che farà anche comprendere il tema della puntata, Beppino Englaro il padre di Eluana Englaro, la ragazza che aspetta da anni che la legge e la politica italiana le permettano di veder terminata la sua vita. Il tema evidentemente è molto complesso e va a toccare la struttura portante di qualsiasi etica, dai più forti istinti umani ai più radicati valori morali. In studio, come è solito farsi in tali talk show, vi erano altri ospiti divisi a seconda dell'opinione di cui erano portavoce, le due principali: chi era d'accordo che in Italia si formuli una legge che regoli la situazione verso una accettazione della possibilità di dare fine alla vita di alcune persone in determinati casi, in questo caso di permettere ad un medico consenziente di staccare i macchinari che continuano a tenere in vita Eluana (più precisamente di estrarre il sondino che la alimenta); chi, al contrario, riteneva che una tale legge nel diritto di uno stato, purché laico, sia inammissibile perché contraria a qualsiasi valore e principio di vita, che il diritto per eccellenza difende. Quasi inevitabilmente tale posizione era accompagnata dalla professione di una confessione cattolica, anche se tra i credenti era presente anche il teologo Vito Mancuso, che benché cattolico credente, appoggiava le richieste di Englaro e denunciava il bisogno della Chiesa di riconsiderare le proprie impostazioni a riguardo, proprio attraverso il recupero di quei valori che sono a fondamento e traguardo della chiesa cattolica stessa: quali il libero arbitrio, il concetto di persona, il valore della morte come passaggio verso la salvezza e non ultimo il principio dell'autodeterminazione dell'individuo. Quest'ultimo, nella continuazione del dibattito, è stato assunto come fulcro della questione: un individuo è libero di scegliere la propria morte, essa è considerabile come libertà? Ma soprattutto uno stato può fondarsi su una legge che preveda il riconoscimento di questa libertà?
La trasmissione, come forse sempre è successo per questo tema, si è conclusa con tanti chiarimenti e nessuna soluzione, se soluzione può esserci. Ma neanche un avvicinamento delle rispettive posizioni.
E' evidente che alla base c'è un concetto diverso di libertà, da una parte essa indica la possibilità che un individuo ha di determinare la propria individualità per quello che concerne la propria persona (i limiti che essa prevede, cioè generalmente "l'iniziare e concludersi con l'altrui libertà" sono problemi che porterebbero ad un ulteriore discussione, qui non fondamentale, ad ogni modo essa è garantita dallo stato di diritto stesso); dall'altra la libertà è la possibilità donata da Dio di rendere grazie attraverso opere e professioni del dono stesso della vita, nell'attesa e speranza della salvezza eterna. Apparentemente le due posizioni sono inconciliabili, ma non lo sono. In realtà la concezione cattolica, va ad inserirsi perfettamente nella garanzia di autodeterminazione sancita dal diritto. Ma nel caso in questione la contraddizione nasce e si palesa; ma ancora una volta, a mio avviso, solo apparentemente. Il fulcro del problema non è nella autodeterminazione, ma invece nei valori stessi e nelle problematiche che essi portano, propri dell'impostazione cattolica. Il caso in cui una persona si trovi a vedersi prolungata la vita attraverso dei macchinari, è evidentemente un caso in cui non è la natura a fare il suo corso, ma è una prassi dettata dal libero arbitrio umano, libero arbitrio che la religione cattolica stessa ha posto come fondamento basilare della sua dottrina. E' impossibile potere stabilire di un evento quanto esso sia frutto della scelta degli uomini e quanto esso sia verificatosi secondo la provvidenza divina, si dovrebbe quasi affermare che entrambe allo stesso modo si verificano, anche se concettualmente o forse meglio dire secondo una razionalizzazione dei precetti religiosi, sono contraddittorie.
L'impossibilità di dividere la responsabilità umana dall'atto divino, l'impossibilità di poter considerare una torre babelica come un atto di offesa a Dio perpetuato dalla superbia umana. qualcosa che Dio stesso ha "voluto" o meno. Questo dissidio che può risolversi solo attraverso la fede che è un ridarsi completamente a Dio, quindi un camminare nuovi passi a tentoni nella speranza di sentire la Sua mano a guidarci, non può proprio per la sua essenza essere a fondamento di una legge di uno stato civile democratico. Poiché essa dovrebbe regolare l'indeterminatezza, dovrebbe essere legge di Dio, in quanto regolante la sua "volontà", più che la nostra di esseri umani. E' evidente la follia di una tale impostazione. Detta in termini esemplificativi: Una persona che per un'incidente d'auto venga intubata e sopravviva attraverso i macchinari di una struttura ospedaliera e che in piena coscienza esprima la sua volontà di non ricevere più cure, cosa che la porterebbe verso la morte naturale, dovrebbe avere il diritto regolamentato da una legge dello stato di ricevere tale trattamento e non potrebbe considerarsi alcun caso, come la possibilità di una miracolosa guarigione, che possa ritenersi affrontabile in questa materia di legge se non sforando nel campo della regolamentazione del divino, ossia del provvido, ossia dell'innaturale: non-umano.
Infine si eliminerebbe la libertà di coscienza propria che permette la fede stessa (oltre che quella, anche possibile, di non voler essere dei miracolati) e sarebbe inammissibile come dato da porre l'eventualità miracolosa proprio nel momento in cui è imperscrutabile l'ordine, il verificarsi e il senso degli eventi. Chi si chiude dietro frasi che riguardano l'influenza culturale di un tale gesto o la simbologia o la contraddizione di come si possa scegliere la morte, visto che per essenza essa è mancanza di scelta, pone la questione su binari senza uscita, che non parlano del problema, ma lo evitano. La morte possiamo considerarla solo come evento della vita, non in altra maniera, in tal modo dobbiamo trattarla. Questo è il motivo per cui resta da attuare attraverso una regolamentazione di legge ad hoc il principio di autoregolamentazione della persona, del cittadino, riguardo alla morte nei casi come quello di Eluana Englaro; per garantire il valore di una democrazia attraverso il suo stato di diritto, il resto in tale questione è solo Burocrazia.

martedì 27 maggio 2008

Lettere alla fidanzata



"Mia cara Ofelia, io non so rimare,
mi manca l'arte di dir verseggiando
i miei sospiri; ma ch'io t'ami tanto,
eccelsa, tu non devi dubitare".


(Shakespeare, Amleto, Atto II, Scena II)





Così Fernando Pessoa dichiara il proprio amore alla giovane fidanzata Ophélia Queiroz, destinatario di un "corpus" prezioso, pur nella sua esiguità, di "cartas", lettere raccolte in volume nel 1978 e pubblicate in Italia nel 1988 presso la casa editrice Adelphi.

Non è dove riposa la poesia del quotidiano ciò che stiamo domandando a un Pessoa, afflitto-affetto dall'angina, dall'insonnia e da un trasloco familiare, che ha tutta l'impellenza di un ritorno all'ordine. Che cosa simboleggia, infatti, una casa, la ricerca di una casa (in un sardonico ribaltamento della "queste" cavalleresca, non più oggetto e fine dell'erranza, ma della permanenza), per chi ha radici possibili solo in un "altrove"?

A spingerci neanche il voyeurismo di un micro-cuore in prestito o in affitto, ma la possibilità di sondare il terreno mixato (minato-contaminato) della finzione, dell'alterazione di un sè, solo apparentemente rinnegato. Negazione affermativa, quella che partorisce il "doppio" (bilocale mansardato, concesso in usufrutto alla contraddizione, al dir-si contro, che è un dirsi di più, in più).

La fidanzata è, dunque, pretestuosa interlocutrice in un colloquio tutto privato, incentrato sul "fatto di essere 'pessoa'". Il gioco di parole attorno al significato del cognome (in portoghese, "persona") ne costituisce una spia linguistica. Basti pensare che il latino "persona" racchiude e assembra i concetti di maschera e di personaggio e quello seriore di personalità, in un culto dell'individualismo ancora tutto da farsi.

Una difficoltà di arginare il "molteplice in uno", palesata da Pessoa nell'investire di responsabilità la sua destinataria ("Vuole bene a me perchè me è me o perchè no?"), eletta, in una prima fase del controverso rapporto, complice ideale nel tentativo di "fingere", di erigere, velleitariamente, un edificio di ordinaria felicità. A ragione, Antonio Tabucchi, curatore del "libello", riporta, quale epigrafe alla post-fazione, un passo di una lettera di Kafka a Felice Bauer: "Hai tanto potere su di me: via, trasformami in un uomo che sia capace di ciò che è ovvio".

Poggiata su un basamento tanto fittile, la costruzione di Pessoa cede a un io sismico: "[...] esigere da me i sentimenti, del resto degnissimi, di un uomo normale e banale, sarebbe come pretendere che io avessi gli occhi azzurri e i capelli biondi". Se, dunque, il "borghesismo" di Pessoa (o di "un" Pessoa) si connota come un'affezione patologica, un'inclinazione o una qualità da delegittimare, un'eco della stessa malattia cogliamo nelle parole di un altro votato alla stessa impossibile felicità: "Ma il mio amore più profondo e riposto è per i biondi, per quelli dagli occhi azzurri, per i felici puri, per i fortunati, per gli amabili e i mediocri" (Mann, Tonio Kroger).
L'assenza di cura determina lo slittamento nella precarietà di senso: la poesia diventa dimensione di un assurdo più vero del vero. Finchè si fa "[...] silenzio nella stazione/ a discrezione dell'utente".

sabato 10 maggio 2008

mmmh mmmh... Elucubrazioni !


Ora mi metterò ad elucubrare, più o meno sistematicamente, su alcune "immagini mentali", attraverso accostamenti, salti logici, analogici, fantasmagorie (quanto mi piace usare questo termine), per puro malsano mio divertimento (tra l'altro qualcuno mi ha fatto notare da poco come l'etimologia di "divertire" descriva l'atto di "guardare altrove, volgersi altrove", ma anche di "divellere", per vicinanza, cioè portare fuori, come per strappo o smottamento), che seguendo il principio del blog, condivido e metto in circolo.

Parto, come in un percorso a ostacoli in cui gli ostacoli si tramutano in opportunità, dal concetto di Gestalt. Preso direttamente, nessuno lo direbbe mai, dalla psicologia della Gestalt o della forma, qual la si voglia chiamare. La quale ha per peculiarità l'aver teorizzato la presenza di quella "sostanza" esperenziale che non è riducibile alla somma delle componenti minime di un'esperienza, rifiutando così un approccio riduzionista (per cui "l'intero è dato dalla somma delle parti"). Così per l'appunto può anche dirsi esserci in ogni esperienza una gestalt: una sostanza sovraordinata, un plus-valore, un "quid".
Forse riferendosi allo stesso oggetto nelle sue peregrinazioni letterarie così odissiache, James Joyce nel Dedalus, parlava di "quidditas". In realtà, come egli stesso precisa, la quidditas più propriamente è l'essenza, in tale termine può leggersi concentrato tutto un certo scivolamento occidentale verso la metafisica, precisazione dovuta al solo fatto che diciamocelo... gli "scivolamenti" piacciono!! Ma Joyce non la prende, per ciò per cui si è formalizzata: il proprio "concetto agglomerato" che si evolve lungo una tradizione; ma la assume nel suo aspetto si potrebbe dire più fenomenologico, legato alla circostanza, al momento estetico.
Citando direttamente dal testo:

"Ti rendi conto che si tratta di quella cosa che è, e di nessun'altra cosa. La radiosità di cui parla San Tommaso è la quidditas scolastica, l'essenza di una cosa. Questa qualità suprema viene sentita dall'artista solo dopo ch'egli ha concepito nella propria immaginazione l'immagine estetica. Shelley ha mirabilmente paragonato la mente, in quell'attimo misterioso, a un carbone acceso che va languendo. L'attimo in cui tale qualità suprema della bellezza, il limpido splendore dell'immagine estetica, viene luminosamente percepita dalla mente, arrestata dalla sua integrità e affascinata dalla sua armonia, è la stasi luminosa e silenziosa del piacere estetico, uno stato spirituale assai simile a quella condizione cardiaca [... chiamata...] malia del cuore."


E' facile riconoscere in queste righe i prodromi della teoria estetica ben famosa di Joyce, tutta ruotante intorno all'epifania; anche se non è sempre facile riconoscere i prodromi, questi enormi esseri parenti dei pachidermi che hanno la fama di essere i primi consiglieri per fervida creatività dei cugini, famosi per la memoria. Tale ad ogni modo pare essere l'intenzione del testo: descrivere alcuni momenti dell'esperienza del bello e attraverso un lampo d'intuizione tentare di "definire", spingersi alla fine, vecchio vizio dopotutto...(certo da non confondere con l'intenzione di Joyce, ma semplicemente con la messa in scena nel romanzo di uno dei comportamenti concernenti l’arte).
Allo stesso modo affascinate, mentre percorro quest'erta sisifica che io preferisco salire a zig zag (come quando si è davanti ad una scalinata faticosa che si crede sia meno faticoso salirla imitando il movimento tipico della pallina dell’Arkanoid, per chi non lo sapesse è il videogioco con la pallina che rompe i mattoni, più vecchio del mondo, vabbé...) dovrebbe essere accostare tale approccio estetico alla generalità dell'esperienza secondo la teoria gestaltica, ossia alla totalità delle situazioni in cui ha un ruolo la coscienza. Resta quindi una sovra-sostanza estetica in ogni esperienza, presa nella sua forma più generica e propria: il campo stesso in cui entrano in gioco gran parte degli aspetti che caratterizzano l'umanità, da quelli più propriamente biologici a quelli che lungo i secoli, fino a questo nel quale probabilmente si rifiuta il termine, ormai tabù (forse dovrei scriverlo “taboo”, le due “oo” sono più iconiche e in questo termine assolutamente pedagogiche), si sono detti spirituali.

E qui il mio balzo logico, e la fascinazione che subisco dalla contorsione da circo ambulante che fa la mia mente, che non ha mai superato l’idea infantile di diventare il cervello armonico del più grande trapezista russo del 21° secolo, mi porta a pronunciare ciò:

“Riconoscendo possibile sempre un’esperienza estetica come gestaltica, un’epifania, si afferma una valenza metafisica o ontologica indefinibile, un patto estetico tra esseri umani che ne riconoscono il valore. Il valore che non è riducibile, se anche scomponibile, alle sue parti e che pur prevede una riconoscibilità data dal consorzio umano, porta direttamente a pensare al plus-valore. La riconoscibilità, labilissima e incorporea, è traducibile con “contratto”. I termini della questione si fanno economici, “il prezzo” immediato e pragmatico, direi quasi l’oggetto più deterministico, traduce la quidditas, l’oggetto più trascendentale. Di teorie del prezzo non sono in grado di parlarne. Non ho competenza. E il discorso preso con determinato taglio, quale potrebbe sembrare il mio così umanistico, farebbe pensare, non a torto certo, alla “fantasmagoria della merce” di cui parla Benjamin in relazione alla perdita di sacralità dell’arte (qui mi accorgo io stesso di come fosse strano aver già detto che il termine mi piaceva, proprio all’inizio, eppure non avevo pensato nulla di tutto ciò prima...ualà, capriola in aria sulle teste degli spettatori). Ma l’intenzione è diversa, non voglio denunciare, mi trovo solo ad accorgermi di come sia eccezionale la casualità di trovare similarità che accomunino ambiti così diversi.

Un intero sistema mondiale che si regge su una forma d’Arte: l’Economia.

E pensare che in molti ritengono morto qualsiasi sufflato d’ispirazione artistica. E se siamo tutti ad adorare il Dio denaro, allora aveva torto Benjamin, non si è persa affatto la sacralità dell’arte, si è transustanziata nel Dollaro. Forse così è anche più comprensibile il genio della pop art. E il percorso di una massa, che è stata per costitutività antropologica apostolizzata all’assoluto metafisico: “il valore del prezzo”. Penso al Dio immanente spinoziano, sarebbe una perfetta definizione, anche per gli aspetti metafisici della questione, della trascendenza necessaria di ogni identità singola, nel “consorzio”, quasi nella cooperativa, fin su alle Corporation.”

Gioco certo con le provocazioni, ma non per svuotare d’importanza alcune ellittiche affermazioni, sto cercando dei riflessi, delle continue rifrazioni, cercando di aprire a nuovi spunti...chissà!!

E pensare che c’è una teoria evoluzionistica contemporanea il cui promulgatore è un certo Dawkins, che afferma che lo scopo dell’evoluzione non è la sopravvivenza della specie, ma quella dei geni (ovviamente non parlo di quegli esseri umani leggendari con capelli bianchi spettinatissimi baffetti e occhiali tondi), che ci usano per diffondersi e migliorarsi. L’unica cosa che conta sono le informazioni. Come se tendessimo a fare tutto per mantenerne il più possibile. Siamo archivi ambulanti, una specie di burocrati...e pensare (il mio cervello sta pensando) che il mio cervello avrebbe voluto solo piroettare in continuazione a svariati metri dal suolo per un tempo imprecisato...!!!

venerdì 11 aprile 2008

.......Oddio ci siamo!!!!!


.....Oramai ci siamo davvero,domenica si vota..qualcuno non ci andrà,qualcuno si rifiuterà,qualcuno voterà...abbiamo assistito in questi giorni alle strenue difese sulla giustezza di votare e anche il sostegno obbligato al PD per arginare lo spettro Berlusconi...io mi dissocio dal coro..e non è qualunquismo o indifferenza...è onestà con se stessi almeno per questa volta,premettendo che non ho ancora deciso se votare o rifiutarmi di farlo(andate su http://www.riforme.info/ se siete di questo avviso)voglio segnalare un partito nuovo PER IL BENE COMUNE una lista civica fatta appunto da comuni cittadini e con un programma molto interessante iprontato sull' ambiente,sulla salute su tutte quelle cose,importanti,che in campagna elettorale si dicono poco soprattutto se si deve discutere dell'Alitalia!!!! riporto qui di seguito il programma e consiglio a tutti di leggerlo..e siccome non sono daccordo con andare a votare il pd per non far vincere Berlusconi almeno cerchiamo che qualcuno che "forse" ha davvero voglia di RAPPRESENTARE I CITTADINI si sieda in quello che quasi mi vergogno a chiamare PARLAMENTO..



IL PROGRAMMA

Elezioni
2008


Ambiente, energia e infrastrutture


* No alle grandi opere, quando inutili e dannose (No Tav, No Ponte, No
rigassificatori, No inceneritori)
* No alle centrali a carbone
* Procedere ad un Piano energetico nazionale sulle esigenze della collettività, non
su quella delle aziende.
* Difesa dell'acqua come bene comune che deve restare pubblico
* Sviluppo delle fonti rinnovabili di energia, con esplicita esclusione dei rifiuti
* Forte impulso al trasporto pubblico, ai veicoli ecologici e al trasporto ciclabile
urbano
* Campagne per il risparmio e l'efficienza energetica, e per l'autoproduzione
domestica di energia. Incentivi alle tecnologie che risparmiano energia, come i
Led nella pubblica illuminazione.
* Creazione di un piano nazionale dove vengono fissati i principi comuni per i Piani
Regolatori che siano ispirati a: diritto alla mobilità, all'ambiente, alla salute e alla
sicurezza (traffico)
* Nuove regole dello sviluppo urbano che tengano conto delle esigenze di un
TRASPORTO a basso costo, a basso impatto ambientale, sicuro e che tenga
conto dei costi della salute pubblica.
* Un albero per ogni nuovo nato, deve essere rispettata, a cura delle
amministrazioni locali.
* Educazione ambientale come materia di insegnamento, a tutti i livelli scolastici.
* Introduzione dei pannolini lavabili negli asili nido, e incentivi alle famiglie per il loro
utilizzo.
Casa
* Ridimensionare le forme speculative sulla casa e renderla realmente accessibile a
tutti i cittadini. La casa è un diritto e come tale non può essere oggetto di
speculazione.
* L'eliminazione dell'ICI per i possessori di un unico immobile e con reddito basso.
* Ripresa investimenti per l'edilizia popolare con priorità ad anziani e giovani coppie.
* Recuperando e ristrutturando il patrimonio residenziale pubblico, sia per ridurre i
costi, sia per contenere il consumo di territorio;
* Requisendo e utilizzando appartamenti sfitti da più di 5 anni, di proprietà di
Banche, Enti ed Assicurazioni.
* Dimezzamento interessi mutui prima casa per intestatari che non superino
€ 35.000 di reddito annuo.

IL PROGRAMMA
2
Coppie di fatto
* Varo di una legge che riconosca lo status di famiglia alle coppie di conviventi,
indipendentemente dal loro orientamento sessuale, estendendo loro i diritti/doveri
delle coppie sposate.

Economia
* Recupero delle risorse finanziarie
* Riduzione dei costi della politica attraverso:
* abolizione di grandi e piccoli privilegi di cui godono parlamentari, ex
parlamentari, consiglieri regionali, comunali e componenti di tutte le strutture
periferiche di governo;
* abolizione dei doppi e plurimi incarichi politici con relative retribuzioni;
* riduzione del numero di ministeri, di assessorati, di commissioni e soppressione
di strutture parassite;
* riduzione del numero di parlamentari, sottosegretari, vicepresidenti, consiglieri
regionali, ...
* adeguamento del trattamento pensionistico dei parlamentari e dei consiglieri
regionali a quello di tutti gli altri cittadini;
* revisione del meccanismo di attribuzione, ai partiti, dei contributi per le spese
elettorali sulla base degli effettivi votanti e non sul numero degli elettori iscritti
nelle liste elettorali;
* abolizione delle Province e delle Circoscrizioni e realizzazione delle aree
metropolitane
* costituzione di una Commissione Nazionale per la valutazione sull'utilità ed
economicità delle opere pubbliche;
Ciò avrebbe il duplice effetto di ridurre il peso fiscale sui cittadini e di riportare la
politica al suo ruolo costituzionale di servizio, restituirle dignità e credibilità,
ridare fiducia a quanti si sono allontanati da essa.
* Ripristino del pagamento dell'ICI da parte degli immobili di proprietà di Enti
Religiosi, adibiti ad attività economiche.
* Riduzione delle spese militari
* Recupero dei finanziamenti impropriamente erogati attraverso il meccanismo dei
certificati verdi / CIP6
* Utilizzo dei Fondi Dormienti, delle riserve auree e monetarie acquisite dalla Banca
D'Italia, e dei diritti di Signoraggio che ora la Banca d'Italia incamera, dalla BCE, al
posto dello Stato Italiano.


IL PROGRAMMA
3

Tasse
* Lotta all'evasione fiscale, a cominciare dalla enorme quantità di beni mobili ed
immobili della criminalità organizzata.
* Esenzione fiscale totale per i redditi più bassi
* Introduzione della Tobin Tax per tassare la speculazione e dare priorità alle spese
sociali
Razionalizzazione della Pubblica Amministrazione
* abbattimento dei centri di potere pubblico che utilizzano impropriamente ingenti
risorse finanziarie con logiche personalistiche e gestiscono servizi di interesse
pubblico utilizzando competenze esterne, lautamente retribuite, piuttosto che
quelle interne esistenti già retribuite.
* riorganizzazione delle amministrazioni centrali e periferiche degli Enti dello Stato
con il contributo delle intelligenze e delle competenze, esistenti al loro interno,
secondo un piano di lavoro studiato e progettato sinergicamente.


Salari


* Definire un livello minimo dei salari sufficiente per una vita dignitosa attraverso
interventi diretti e indiretti.
* De-tassazione totale dei redditi fino al limite minimo considerato come soglia di
sopravvivenza (15.000 euro lordi?)
* Piani per la piena occupazione a livello dei comuni.
Pubblica amministrazione
* Definizione di parametri meritocratici su partecipazione democratica dei cittadini,
rapporto spesa / abitanti, rapporto abitanti / servizi erogati.
* Condizioni di assunzione nell'amministrazione della cosa pubblica - specie per le
cariche più alte - con criteri di trasparente e comprovata esperienza e
professionalità
* Revoca della carica in caso di appurata insoddisfacente prestazione.
* Abbassamento dei compensi e dei rimborsi/bonus, investimento dei fondi così
risparmiati nel miglioramento del servizio erogato
* Tetto massimo per le spese correnti e per le opere pubbliche, e per la loro durata,
con riferimento ad una specifica tabella tecnica nazionale
Sostegno alle attività produttive
* Ampio sostegno pubblico alle imprese che adempiendo ai propri doveri fiscali,
puntano alla innovazione, rispettando l'ambiente, i diritti dei lavoratori e le norme
antiinfortunistiche.


IL PROGRAMMA
4
* Studiare la trasformazione dei contributi pubblici alle imprese (conto capitale e
conto interessi) in quote di proprietà pubblica delle strutture e delle aree; con il
doppio risultato di considerarle patrimonio pubblico (rispetto al debito) e di poter
disporre di immobili produttivi, bloccando le attuali "delocalizazioni" che si
trasformano in speculazioni immobiliari e potendo così favorire la collocazione di
nuove attività imprenditoriali nella medesima struttura, considerando la quota di
proprietà pubblica come contributo al nuovo insediamento .
* Fissare il costo massimo del denaro per le aziende produttive familiari.


Giustizia


* Riduzione del numero di Leggi e accorpamento tematico.
* Progetto per la divulgazione e la fruizione delle norme ai cittadini.
* Varo in tempi brevi di una legge sul conflitto d'interessi
* Piano triennale per abbreviare i tempi della giustizia, che preveda:
* Riequilibro degli organici nei vari tribunali;
* Definire una tabella base per valutare la produttività di Magistrati ed avvocati;
* Rafforzare ed assegnare maggiori funzioni alla rete dei Giudici di Pace.
Immigrazione
* Accoglienza e riconoscimento del diritto di cittadinanza
* Chiusura immediata dei CPT
* Garantire i diritti agli immigrati, che, osservando i propri doveri, sono una risorsa
VITALE per il Paese, per aumentare l'integrazione sociale ed economica e ridurre
il rischio di emarginazione
* Lotta decisa al lavoro nero, politiche di integrazione e per la casa, l'istruzione e
l'accesso ai servizi.
* Cancellazione dell'attuale normativa e istituzione di una legge che tenga conto
delle reali possibilità di integrazione e dei diritti dei migranti, libero da ogni logica
discriminatoria, che riconosca pari diritti e opportunità ai cittadini stranieri


Informazione


* Televisione pubblica con ridotta pubblicità e canone dimezzato.
* Massima espansione di Internet accessibile a basso costo.
* Revisione dei finanziamenti pubblici all'editoria radiotelevisiva e giornalistica.
* Risorse per la Rai da reperire con la tassazione generale, dopo aver moralizzato
gli attuali incarichi professionali
Istruzione e Formazione
* Istruzione pubblica e di buon livello per tutti
* Rilancio della scuola pubblica con fondi e strutture adeguate.


IL PROGRAMMA
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* Cancellazione del finanziamento pubblico alle scuole private non convenzionate e
utilizzo di tali fondi per incrementare il personale docente, promuovere corsi di
aggiornamento per i docenti ed il risanamento degli edifici scolastici
* Revisione delle assegnazioni di risorse finanziarie pubbliche al "sistema della
formazione professionale"; recupero dei finanziamenti pubblici illecitamente
erogati.
* Revisione dei criteri di accertamento del corretto impiego dei finanziamenti, per un
effettivo controllo sulla formazione erogata e sull'esito in termini di competenze
acquisite.


Lavoro e previdenza


* Abolizione della legge 30 (legge Biagi).
* Lotta al lavoro nero
* Revisione delle normative per la sicurezza sui posti di lavoro, con l'introduzione di
sgravi fiscali e contributi per le aziende che vanno oltre il rispetto della legislazione
in materia.
* Aumento del numero degli ispettori dei cantieri per la sicurezza sul lavoro.
* Messa in atto di ammortizzatori sociali a sostegno di chi si trova in condizioni di
precarietà lavorativa
* Reddito di cittadinanza per chi è privo dei mezzi necessari per vivere
* Riforma del sistema previdenziale per garantire a tutti i pensionati una buona
qualità di vita
* Vincolo per legge di una quota minima dei bilanci comunali da destinare alle
politiche sociali per combattere le povertà.
Una politica di pace, di disarmo e non-violenza
* Smantellamento degli arsenali nucleari
* Ritiro delle truppe italiane che occupano altri paesi
* No a nuove basi USA e apertura di una trattativa istituzionale con le autorità di
governo americane in merito al ruolo e funzioni delle servitù militari esistenti sul
nostro territorio.
* Ridiscussione del ruolo e delle funzioni della NATO anche in riferimento alla
mutata situazione geopolitica.
* Un anno di tempo per portare in Parlamento tutti i trattati segreti o sui quali sia
stato, in passato, posto il segreto di Stato; successiva abrogazione di quelli non
esaminati.
* Sviluppo del dialogo e della diplomazia per la soluzione dei conflitti internazionali;
uso di volontari della pace come forze di interposizione pacifica
* Rispetto degli impegni presi per i fondi allo sviluppo e alla cooperazione
internazionale


IL PROGRAMMA
6
* Riconversione dell'industria bellica, con incentivi alla riconversione e sostegno
all'occupazione.
* Promozione della cultura della non-violenza attraverso corsi e laboratori scolastici


Responsabilità politica


* Partecipazione dei cittadini e rapporto elettori-eletti
* Norme per la trasparenza e la partecipazione dei cittadini ai bilanci comunali
* Referendum anche propositivi sui temi prioritari, compresi la politica internazionale
e i temi economici-finanziari.
* Legge di responsabilità politica, con verifica periodica del mantenimento delle
promesse elettorali e possibilità di perdita della carica se queste non vengono
mantenute.
* Utilizzo delle nuove tecnologie per consultazioni popolari consultive: internet,
telefonia mobile, digitale terrestre.
Ricerca scientifica
* Alzare il livello dei finanziamenti alla ricerca, adeguandoli a quelli europei.
* Potenziare la ricerca di base.
* Possibilità di destinazione dell'8 x mille alla ricerca scientifica per scopi pacifici.
* Pensionamento docenti universitari over 70, con possibilità di continuare
insegnamento ad honorem, investendo il risparmio in potenziamento della ricerca.


Sanità


* Sanità pubblica e di buon livello per tutti
* Abolizione delle aziende sanitarie ospedaliere e ritorno al concetto di unità sociosanitara,
slegate dalla logica del profitto.
* Rilancio della sanità pubblica con fondi e strutture adeguate.
* Abolizione dei ticket per le prestazioni e gli esami medici.
* Aumento dei finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo.
* Abolizione dell'utilizzo degli psicofarmaci sui bambini
Sicurezza
* Piano triennale per il potenziamento delle dotazioni tecnologiche e degli addetti
alle attività di contrasto della criminalità organizzata e dell'elusione ed evasione
fiscale.
* Potenziamento delle attività e dei servizi di riabilitazione, per favorire il
reinserimento di chi ha scontato la propria pena


IL PROGRAMMA


7
Disabilità
* Immediata Ratifica della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone Disabili;
* In ottemperanza alla citata Convenzione ONU, definizione di un nuovo piano di
ricerca e monitoraggio delle disabilità. Secondo competenze da definire esso
riguarderà ISTAT Università ed Istituti di Ricerca;
* Riforme delle Prestazioni Economiche per " Invalidi civili " (pensioni) e delle
Indennità di Accompagno. Tali interventi riguarderanno :
* adeguamenti degli importi;
* definizione dei bisogni e superamento di ogni forma di squilibrio - sperequazione
fra disabili, quale causa di situazioni discriminatorie interne ad una medesima
condizione umana;
I maggiori aggravi di spesa verranno sostenuti da una quota recuperata dalla
evasione fiscale;
* Vita Indipendente per i Disabili non Autosufficienti intesa come strumento per l'
esercizio dei diritti umani ? soggettivi, da scorporare dalle generiche prestazioni
per le non autosufficienze (comunque tutelate).
* Definizione di criteri di esigibilità omogenea su tutto il territorio nazionale a mezzo
di:
* Progettualità interdisciplinare a mezzo della centralità dell' utente - protagonista;
* prestazioni di assistenza personale indiretta con controllo della qualità da parte
dell'utente-protagonista e monitoraggio dell'indirizzo della spesa da parte
dell'amministrazione pubblica;
* Riordino degli oneri sociali a mezzo di una nuova fattispecie di contributi
figurativi. Tale assetto non prevede aggravi di spesa se inteso come strumento
alternativo alla vecchia logica degli " istituti " , meglio riconoscibili come serragli -
istituzioni totali;
* Scuola e Università: promulgare leggi che tutelino maggiormente il diritto allo
studio ad ogni livello e su tutto il territorio nazionale in quanto diritto esigibile.
Innescare meccanismi culturali ed organizzativi che portino dal mero inserimento
alla piena integrazione - inclusione;
* Barriere architettoniche - orientative: ottemperanza verso gli orientamenti europei
e promulgazione di normative che definiscano criteri di controllo sulla qualità degli
interventi.
* Riforma del Contrassegno Disabili secondo il modello europeo e definizione di
nuovi criteri organizzativi e di controllo integrato;
* Lavoro: Definizione di criteri metodologici ed operativi per rendere esigibile il
concetto di collocamento mirato;
* Cultura e mass media: maggiore attenzione verso una divulgazione corretta delle
tematiche inerenti il concetto di diversità sociale. In tali ambiti proporre profili
appropriati circa le disabilità.

giovedì 10 aprile 2008

Per un'ultima riflessione politica....


Da una delle varie catene di mail che girano, ho letto, come era indicato, questo articolo di Gramsci che voglio proporvi. Nella mail lo si usava per richiamare ad una ulteriore riflessione sull'astensionismo che pare sarà diffuso, oltre che invitare a votare Veltroni (forse sarà arrivata anche a voi). Io non voglio postarlo per questo, lo dico come dichiarazione retroattiva nel caso in molti pensino ad una mia ingerenza, ma in quanto questo testo può essere letto certamente come una riflessione sull'astensionismo, anche se non sono esattamente quelli i termini della questione a mio parere, ad ogni modo credo potrebbe partire una discussione in merito; intendo sull'uso e il valore dell'astensionismo, oltre che la sua funzione, in generale. Quindi eccolo:



LETTERA AGLI INDIFFERENTI di Antonio Gramsci

Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che "vivere vuol dire essere partigiani". Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

L'indifferenza è il peso morto della storia. E' la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall'impresa eroica.

L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. E' la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che si ribella all'intelligenza e la strozza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto eroico (di valore universale) può generare, non è tanto dovuto all'iniziativa dei pochi che operano, quanto all'indifferenza, all'assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo. Dei fatti maturano nell'ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. I destini di un'epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette, degli scopi immediati, delle ambizioni e passioni personali di piccoli gruppi attivi, e la massa degli uomini ignora, perché non se ne preoccupa. Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell'ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale, un'eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. E questo ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch'io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo? Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che, appunto per evitare quel tal male, combattevano, di procurare quel tal bene si proponevano.

I più di costoro, invece, ad avvenimenti compiuti, preferiscono parlare di fallimenti ideali, di programmi definitivamente crollati e di altre simili piacevolezze. Ricominciano così la loro assenza da ogni responsabilità. E non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non siano capaci di prospettare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti. Ma queste soluzioni rimangono bellissimamente infeconde, ma questo contributo alla vita collettiva non è animato da alcuna luce morale; è prodotto di curiosità intellettuale, non di pungente senso di una responsabilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi e indifferenze di nessun genere.

Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano nel sacrificio; e colui che sta alla finestra, in agguato, voglia usufruire del poco bene che l'attività di pochi procura e sfoghi la sua delusione vituperando il sacrificato, lo svenato perché non è riuscito nel suo intento.

Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.



"La Città futura", pp. 1-1 Raccolto in SG, 78-80.

lunedì 7 aprile 2008

Un racconto in un ricordo.... 'A PERFECT DAY FOR BANANAFISH'





"DON'T EVER TELL ANYBODY ANYTHING. IF YOU DO, YOU START MISSING EVERYBODY". (J. D. SALINGER)





L’ho rubato, è in tasca. Tanto non se ne accorgerà, quella borsa è un casino. Come un riassunto, in cui crediamo di leggere le cose che mancano. Non se ne accorgerà, mi ripeto.
Mia madre ha gli occhiali che puntano il finestrino, ma gli occhi mi camminano addosso. Cercano il dialogo, tra le pieghe del cappotto.

Tutto bene?
Mm.
Viene a prenderti tuo padre, se si degna.
Ok ciao.
Esco dalla macchina.
Ne manca uno…
E la faccia, già proiettata sul cancello, torna indietro al finestrino come un elastico. Si fa bianca.
Chiara, sulla giacca!
Non guardo niente, un ricciolo di mia madre che sbrodola dal vetro abbassato. Sgrano con le dita la fila di bottoni. C’è un vuoto all’altezza dello stomaco.
Dai vai, che fai tardi. Sento il colore tornarmi sulle guance.
All’entrata c’è Ljuba, truccata che sembra un panda. Prendo dalla tasca il pacchetto e accendo una sigaretta. Per non tossire gli occhi mi diventano liquidi. Guardo le tette di Ljuba avvicinarsi, con la scritta PERFECT DAY sulla maglietta di pizzo. Ne hai mica una?, mi stanno chiedendo. Porgo il pacchetto: siete grosse persino per essere in quinta, penso. Ljuba ringrazia e sculetta via nervosa, io sorrido alla scritta.
Poi cerco con la mano sullo stomaco. Il vuoto è lì, largo un’asola.

Quel giorno ho letto Salinger, per la prima volta. Un racconto non più lungo di 10 pagine, che mi è ricapitato tra le mani in questo periodo. ‘A PERFECT DAY FOR BANANAFISH’: me lo ricordo per la strana coincidenza con la maglietta di Ljuba e per quei pescibanana che da subito hanno attirato la mia attenzione. Perfect Day… A perfect Day for Bananafish. È strano come i ricordi si aggrappino ai dettagli e vi rimangano impigliati: una scritta applicata su una t-shirt di dubbio gusto, un titolo curioso. Lì, un filo tirato tra il pizzo e la pagina. E se il ricordo è selettivo, il mio si diverte a scegliere accostamenti improbabili…Ljuba se ne va in giro col suo giorno perfetto e un branco di pescibanana a morderle il culo. Non potrei giurare che non sia davvero accaduto.
Comunque io avevo 14 anni e cominciavo ad assomigliare a quel bozzolo di maglioni e sudore che sarei stata per tutta l’adolescenza. Maglioni pezzati di timidezza, i peggiori! Ljuba no, lei era già in quinta e lo è sempre stata per quanto mi riguarda. Nata con le gambe lunghe, il profilo pettinato, il vestito che ti cambia la giornata. Pure il nome esotico le avevano dato, lo stesso che i miei non sapevano pronunciare. Popolare, lei. Mica come me, che ricorrevo a un pacchetto di sigarette rubate per farmi notare.
In classe mi succedeva di preferire alla Storia le storie, quelle al plurale e con la esse minuscola. Che se proprio di guerra bisogna parlare pensavo, meglio farlo con Kurt Vonnegut e il suo ‘mattatoio’. Fu la tecnica a portarmi a Salinger nell’ora di chimica. Il luogo, perché nulla è più importante della prospettiva. Penultimo banco in fondo, vicino alla finestra. Non l’ultimo, che può destare sospetti; il penultimo, protetta da una trincea di compagni attenti alle formule come si aspetta l'arrivo del nemico. In sordina. Il resto era per lo più tecnica, già abitudine: il libro di chimica a coprire quello di racconti, l’occhio sinistro mobile sulla storia, l’occhio destro fisso sullo stronzio alla lavagna. Ogni tanto un cenno col capo allo stronzo di fronte allo stronzio.
Salinger pubblica il racconto nel 1948, sul New Yorker; io lo leggo per la prima volta nel 199... (è così essenziale ricordarlo?) e di nuovo nel 2008, quasi per caso. L’effetto è sempre lo stesso, difficile da gestire. Le storie sono tre e insieme una, in un continuo frammentarsi e ricomporsi dei giorni nel Giorno, dei momenti nel Momento…in senso inverso della Storia nelle storie.
C’è il giorno di Muriel, a laccarsi le unghie in una stanza d’albergo della Florida invasa da agenti pubblicitari. È “il tipo di ragazza che non pianta le cose a metà - qualsiasi cosa - per un campanello”, che parla al telefono con la madre di scottature da luna di miele e dei disturbi del marito Seymour. Entriamo nella vicenda dalla cornetta, ci abbandoniamo ad essa come ad un piano sequenza cinematografico.
E c’è il giorno di Sybil Carpenter, che dice ‘acchiappatoio’ e pensa che sia più di un abito di spugna; e vive il tempo come lo vivono i bambini e gli scrittori. Senza un prima e un dopo, senza l’orologio. E’ una bambina vera, di quelle che Salinger sa raccontare. Ha solo sei anni e il lettore le corre dietro, lascia la stanza d’albergo-gli psichiatri alla moda in vacanza-i pettegolezzi di due donne sdraiate al sole… lascia l’America dal sorriso patinato del secondo dopoguerra. Gira le spalle alla Storia, perché la corsa di Sybil ci sembra più importante e non possiamo lasciarcela scappare. La sua fuga preannuncia quella del più noto Holden Caulfield in “ The Catcher in the Rye”, un libro che ha in sé ciò che nessun romanzo di formazione dovrebbe dimenticare: la critica al mondo adulto. Forse è proprio grazie a Sybil che arriviamo a Seymour e al suo giorno perfetto.
Nel loro dialogo sta la metamorfosi del folle in profeta:
- Signorina Carpenter. La prego. Conosco i miei doveri, - disse il giovanotto. - Tu devi solo tenere gli occhi bene aperti per il caso che passi qualche pescebanana. Questo è un giorno ideale per i pescibanana.
- Non ne vedo neanche uno.
- E’ comprensibile. Hanno delle abitudini molto singolari. Molto, ma molto singolari.
Continuò ad avanzare spingendo il materassino. L'acqua non gli arrivava al petto. - E una vita molto tragica, la-loro, poveretti, - disse. - Lo sai cosa fanno, Sybil?
Sybil scosse il capo.
- Vedi, nuotano dentro una grotta dove c'è un mucchio di banane. Sembrano dei pesci qualunque, quando vanno dentro. Ma una volta che sono entrati, si comportano come dei maialini. Ti dico, so da fonte sicura di certi pescibanana che, dopo essersi infilati in una grotta bananifera, sono arrivati a mangiare la bellezza di settantotto banane -. Avvicinò di mezzo metro all'orizzonte il materassino e la sua passeggera. - Naturalmente, dopo una scorpacciata simile sono così grassi che non possono più venir fuori dalla grotta. Non passano dalla porta.

In una storia per bambini, si scriva di nuovo con la minuscola, Seymur Glass (reduce di guerra, sposato alla donna sbagliata, affetto da disturbi senza un nome) fa di un giorno qualunque un giorno perfetto. E il racconto del pescebanana e della sua ingordigia é forse la vera Storia dell'uomo...ma che importa saperlo, l'importante è arrivare alle grotte di Seymour e alla fine del giorno.
Ancora una cosa sull'inimitabile linguaggio di Salinger. Asciutto, tanto reale quanto evocativo. I suoi dialoghi svelano senza dire, tagliano via il grasso di quel maiale che è la realtà, lasciando sul piatto il cuore, che a forza di aspettere aveva smesso di battere. SEEN-BUT-UNNOTICED, direbbe qualcuno. Così a rileggerlo, 'A PERFECT DAY FOR BANANAFISH', mi ritrovo ad aspettare... come facevo a 14 anni, sui gradini della scuola. Una sigaretta rubata e una regalata. Attendere, parola dopo parola, che si sciolga quel grumo di confusione che ci fa stare in apnea. Scoprire, frase dopo frase, che il giorno perfetto è un momento. Trovare un buco al posto di un bottone. Infilarci un dito per riempirlo e ritrovarlo allargato. Un'asola e un mignolo.

P.S. Tzè, il finale col cavolo che ve lo anticipo... correte a leggerlo se non l'avete ancora fatto! Lo trovate in 'Nove Racconti' di Salinger.

domenica 6 aprile 2008

Tentiamo una visione più ampia?


Lasciandosi all'immagine. Suggellando una condivisione che è un bisogno a volte. Rincorrendo la solita mancanza. Con la casualità che mi aiuta e la volontà, che spero sia raccolta e fatta propria, di far diventare questo spazio un crogiolo di idee e argomenti più disparati, propongo uno stralcio, si potrebbe quasi dire un lembo, del tessuto filmico di uno dei Film di Bergman che più amo, Persona. In realtà questa proposta è evidentemente collegata a quelli che sono stati indicati come temi del blog: il cinema, la letteratura, la fotografia, ecc. ; ma il mio suggerimento, di cui la proposta è solo un pretesto, è di aprire all'interdisciplinarità (certo non a scopo didattico o comunque non direttamente), intendo più propriamente sviluppare discussioni sugli argomenti più disparati cercando e illuminando gli spazi comuni o una visione più ampia, come essi in realtà si influenzano e sono strettamente annodati in un gomitolo culturale e non solo. E' un idea che era già presente nel sottobosco delle intenzioni del blog, ma si è fatta strada con più lucidità parlando con un amico di un teorema dell'economia (Teorema di Coase) e delle sue applicazioni e influenze. Credo sia un'ottima idea quindi, cercare di aprire all'economia, alla sociologia, all'antropologia, psicologia, alla scienza, matematica, filosofia ecc. quando queste si trovano ad interagire e a discutere strettamente di ciò che viviamo o pensiamo. Senza oscurare la particolarità personale o della nostra formazione, ma mettendola in gioco. Usandosi come veicoli, privi anche del timore citazionistico o accademico. Proponendo autori, saggi, teoremi appunto, tentando un approccio divulgativo, cioè semplificando perché tutti possano intervenire, anche se non sarà sempre possibile. Certo sono consapevole della difficoltà e della presunzione della proposta, ma in effetti è quello che forse è già successo nel post sulla politica che si è aperto a una discussione su diverse posizioni, che rimandano forse a diverse formazioni, oltre che opinioni. Voi cosa ne pensate?