domenica 30 novembre 2008

Cromatismi nei film

Spesso, durante la visione di un film, nel percorso di immedesimazione che il cinema opera su di noi, incappiamo in una sensazione di disagio. Più tardi riteniamo tale sensazione legata ad un impressione della visione, facendone un giudizio estetico, però non sapremmo dire da cosa esattamente essa è prodotta, ci sembra che la scelta dei colori, la nitidezza, la gamma dei contrasti...in qualche modo l'insieme dell'immagine, non ci convinca. Finiamo per soprassedere a quell'impressione, non dandogli troppo peso, a meno che essa non sia tremendamente evidente come in molte delle varie fiction televisive. Certo poi c'è da considerare il grado di conoscenza che ci permette una critica delle immagini stesse, diciamo che il mio discorso è abbastanza generalista e superficiale. Ad ogni modo, mi è capitato di incappare in un breve estratto di un'intervista a Tarkovskij, che, come capita solo di rado, ha espresso chiaramente e perfettamente ciò che per me era solo un'impressione, illuminandomi e regalandomi ulteriori spunti di riflessione. Ecco l'estratto:

"Colore (e Bianco e Nero)

Forse occorrerebbe neutralizzare l'effetto troppo attivo del colore alternando quest'ultimo con delle scene monocrome, allo scopo di scaricare, di attutire l'impressione che esso produce nel suo intero spettro. Sembrerebbe che la macchina da presa si limiti a fissare esattamente sulla pellicola la vita reale: perché allora da un'inquadratura a colori spira un sentore di così impensabile, mostruosa falsità? Evidentemente ciò dipende dal fatto che nella riproduzione meccanicamente esatta del colore è assente il punto di vista dell'artista che, in questa sfera, perde il proprio ruolo organizzativo e la possibilità di scegliere. Manca una "partitura coloristica" del film, con una propria logica di sviluppo, tale possibilità è stata tolta al regista dal procedimento tecnologico. Analogamente diventa impossibile un'accettazione personale, selettiva, degli elementi coloristici del mondo circostante. Per quanto ciò possa apparire strano, nonostante che il mondo che ci circonda sia colorato, la pellicola in bianco e nero ne riproduce l'immagine in maniera più vicina alla verità psicologica, naturalistica e poetica di quest'arte che è basata sulle caratteristiche della nostra vita, oltre che dell'udito. In sostanza un autentico film a colori costituisce il risultato di una lotta contro la tecnologia del cinema a colori, oltre che contro il colore tout court."

Per me è stato esaltante poter riconoscere ciò che sentivo da spettatore a volte, in queste parole che sono di chi ha operato nel campo. Riconoscersi in delle parole è certo sempre esaltante e per questo ho deciso di postarle, questo non significa che si debba essere d'accordo. Probabilmente c'è chi la pensa diversamente, mi viene anche da pensare al cinema digitale e a come con esso sia più semplice operare sui colori, ma forse lì ci sono altri problemi. Il punto della questione resta...non trovate?

domenica 23 novembre 2008

Rousseau quanti danni ai cervelli anfibi!

Siamo tutti dei terremotati e non ce ne rendiamo conto!
Intorno a noi il mondo si sgretola, crolla, non ce la fa a stare su, non ce la può fare, perchè tutto e tutti remano contro ad un reale cambiamento. Quanto è facile distrarsi dalle situazioni più penose, porre lo sguardo altrove, dove un pensiero felice e l’illusione del benessere ci fanno sentire meno soli. Ma per quanto si può continuare? Per quanto riusciremo ad ignorare che le cose in Italia così come sono non vanno? Che siamo pieni di apparenti certezze, di cose, di inutili passatempi, ma non di Sostanza? Indignazione o Indifferenza? Che cosa è meglio? Che atteggiamento vogliamo mantenere se pensiamo al nostro futuro?
Troppe domande Rana... crollerà il cielo anche sul tuo stagno! Crollerà come crollano i soffitti di fatiscenti istituti sulle teste di ragazzini, verrà dimenticato come i laboratori di ricerca universitari, verrà violentato come i corpi di chi chiede solo la possibilità di scegliere, sarà seppellito sotto le macerie di disastri annunciati, verrà fatto passare sotto silenzio, perchè fa paura aprire gli occhi, fa paura rendersi conto di quanto gli esseri umani siano alle volte peggio degli animali, capaci di bassezze inspiegabili, di follie senza giustificazione. L’autodistruzione prima di tutto! Vivi veloce, mangia, cresci, sbaffa, fotti, calpesta, fai soldi, sporcati, pulisciti, redimiti, ma anche no, sensi di colpa, sesti sensi, onnipotenza, violenza, violenza, violenza. Non c’è tempo, non ne abiamo mai avuto, tutto corre, o ci vogliono far credere che sia così. Gli animali non hanno la percezione del Tempo, noi siamo troppo consapevoli, ecco che cosa è tutta questa foga: Fai qualcosa, non c’è Tempo, è TARDI tutto è perso, presto che è tardi.....Non c’è TEMPO.
Reagisci, ti dibatti, ma se sei solo come fai? Ci vuole il numero, ci vogliono le persone che vogliono smettere di avere paura nonostante sia così difficile, che si siano rese conto della situazione grottesca, da commedia dell’arte, perchè i personaggi ci sono tutti. Siamo tutti personaggi...Viviamo recitando staticamente, siamo automi, siamo fotogrammi, siamo tutto e niente, siamo quello che vogliamo essere, siamo una generazione Inconsistente! Rime, rime, scioglilalingua...
Mi gira la testa, mi si chiudono i pori anfibi..Non respiro. Asfissia!
E allora assisti, sei impotente, perchè ti hanno fatto credere di essere impotente. Piangi per le stragi, i genocidi, le pulizie etniche, la noia che genera la più assurda violenza e ti chiedi perchè? Ti chiedi anche perchè nessuno sembri chiedersi il perchè? Chaplin che stringe i bulloni....La catena di montaggio...dove è Rousseau? Tu lo conosci Rousseau? “L’uomo è nato libero, ma ovunque è in catene!”.
Le catene, catene che nessuno vuole avere, ma tutti vogliono mettere: possesso, potere, volontà altrui piegate al tuo volere...Onnipotenza...Follia umana!
Mi serve una doccia calda, uno stagno tropicale, la foresta Amazzonica, la Natura (finchè ci sarà ancora)...Ho freddo, ancora tanto freddo!

mercoledì 19 novembre 2008

Changeling:Il Cinema "classico" ci salverà?


Pochi istanti in un irreale bianco e nero e subito si colorano con toni lividi le prime inquadrature, si apre così Changeling.

Eastwood ricostruisce minuziosamente l'epoca della storia(vera) che ci vuole raccontare,siamo nel 1928 alla vigilia della Depressione...attuale no?...incontriamo subito la protagonista Christine Collins madre esemplare e competente lavoratrice,occhio di ghiaccio Clint afferma da subito che la sua eroina è senza macchia e ci suggerisce quindi che sarà vittima di sicura ingiustizia,infatti dopo pochi minuti l'evento clou dell'opera è già compiuto...Il figlio Walter viene misteriosamente rapito, da questo momento in poi non ci sarà pace per tutto il film, che si snoda in varie vicende giudiziarie,denucia dell'incompetenza e arroganza della polizia di L.A.,affronta tutti i sottotesti cari al regista,dalla violenza a carico dei più piccoli alle ingiustizie vissute dal singolo contro il sistema corrotto passando ovviamente per la forza d'animo e la determinazione della protagonista,alla fede e alla pena di morte...c'è tutto,carne al fuoco a iosa,ma è tutto arrosto e niente fumo.

Parliamo ora del significato del film e del perchè Eastwood senza concedersi la più piccola novità ci regala comunque un grande film...la regia è accademica,naturalmente perfetta,classica fino al manicheo eppure appaga anche noi generazione che va al cinema ormai solo per essere stupita o instupidita..le inquadrature sono bellissime e perfette,la fotografia è piena di estro,trabocca di chiari-scuri,un pò opaca e rende immortale lo sguardo della Jolie che guarda di sbieco con i suoi occhioni verdi da sotto il cappellino,ci sono qua e là giochi di riflesso di Christine tra vetri di finestre o specchi,finezza fotografica o forse metafora della vita a metà della protagonista che non rivedrà più il figlio tanto amato oppure che l'ingiustizia potrebbe capitare a chiunque..di riflesso potremmo essere noi Christine Collins.

Tirando le somme Changeling è un gran bel film,ben girato,bravi gli attori,ottima sceneggiatura e bhè diciamolo rispondendo al titolo che ho dato direi :si,certo, il cinema classico all'americana può ancora dare molto..è affascinante come un film così che non dice assolutamente nulla di nuovo ma che si sviluppa linearmente e tecnicamente sempre uguale a se stesso sia ancora in grado di dare così tanto a chi lo guarda che non si annoia mai e anzi se ne compiace..ben vengano i film di Eastwood perchè pieni di concretezza e sempre attuali nonostante la regia sempre maledettamente funzionale solo ed esclusivamente alla storia..come a dirci io ci metto la cornice(bella ovvio!) come a un quadro o la copertina di un libro..la STORIA vale già tutta da sola..BRAVO CLINT!

lunedì 10 novembre 2008

La chiave della felicità è la disobbedienza in sè...

- Salta, salta, piccola rana, salta, salta intorno a questo mondo che frana. Non trovare scuse, non legarti alla decadenza, cerca, trova e senti una linea che ti porti ad una conoscenza. Danza sotto tristi cieli color del rubino, affonda le tue zampe in quel carminio, sguazza e gracida sotto la pioggia, fanne sentire la placida bellezza. Non pretendere che tutti si innamorino di questa realtà, suggeriscine solo la potenziale mancanza di banalità. Rauca ed intermittente gridalo, non ti fermare, perchè le idee sono le uniche cose che non si possono violare...
Non c’è fine non c’è inganno... “Venghino signori, che qui si può parlare senza affanno”.
Annusa come ratto le claustrofobiche rovine del passato che mai tornerà e poi d’incanto ritrova il centro, ritrova la via. Ridi e ricadi in quel forsennato ballo su candide ninfee “Casa mia, casa mia”...
Cattiva si allontana e ritorna Rana...
Un cordiale buonasera a tutti... è l’irrazionalità della RanaCattiva a parlare...So che prima o poi romperò definitivamente i coglioni con questa storia, ma il problema è che la schizofrenia è una brutta bestia e non volendo finanziare le vacanze caraibiche di qualche gretto psichiatra, ho ripiegato su questo mezzo meno costoso, forse un pò cheap, ma tanto chic! Eh, vabbè a questo giro prendetemi così...E’ colpa di tutta questa dannata umidità che ti entra nelle ossa... Sono l’unica rana al mondo che soffre di reumatismi...Costretta in casa dal tempo e dall’influenza che si può mai fare?... Ovvio, dare fondo alla quantità industriale di DvD più o meno originali che si sono messi da parte per tempi peggiori, tempi tipo questi, in cui lo sconforto e la depressione, dettati dalla nostra condizione di nullafacenti-bamboccioni-pseudostudenti-impegnati, ci hanno stritolati.
E’ stato così che il 4 Novembre scorso durante un temporale pomeridiano mi sono ritrovata con le alte bestie che popolano il mio stagno studentesco a prendere una decisione....O spaccare il muro con l’annessa spina televisiva che mai funzionò (ribbattezzata la malefica spina dell’antenna televisiva che mai funzionò) o vedersi un film dalla mia riserva personale.
IlRagnoIperattivo era già pronto con mazza e piccone, vista la sua scarsa stima nei confronti dei miei gusti in fatto di cinema; ma come sempre la mia fidata amica L’AllegraKoala, ottimista e pacificatrice ha optato per la soluzione più diplomatica un film che neppure io avevo mai visto...Almeno non ci sarebbero stati dubbi... meglio di quelli che sponsorizzo di solito doveva essere per forza! Così è iniziata la visione di V per Vendetta... tratto dall’omonimo fumetto scritto da Alan Moore e disegnato da David Lloyd pubblicato la prima volta tra il 1982 e il 1985.
Ora, potrei abbandonarmi ad una digressione sull’ultima mia mania per le Graphic Novel, ma la riservo per eventuali nuovi suggerimenti...Dove eravamo? Ah, si...Ecco il bandolo V per Vendetta come momento illuminante della mia giovine vita, stimolo indefesso per il mio animo già di per sè abbastanza sovversivo...Avete presente quando vi si palesano delle cervellotiche corrispondenze, delle relazioni tra quello che vi accade intorno, tra quello che pensate, che siete e un’ opera che riesce a tradurlo tanto semplicemente da rimanerne senza fiato, una storia assolutamente diversa da voi, una realtà fuori da voi e dalle vostre esperienze, che comunque è lì, una Nuda Verità e per niente Scomoda? Ecco quel che mi è successo! E’ una sensazione di totale comprensione, di avvicinamento completo, di profonda solidarietà...Cosa che a me capita poche volte, ma quando succede riesce a darmi la spinta, l’ispirazione necessaria per continuare con i miei sproloqui, semplicemente perchè solo se capita riesco ad avere la forza necessaria per credere in me. E vivo per questi momenti in cui mi posso sentire parte di un tutto. Il film inizia, udite, udite, raccontando gli eventi occorsi in un futuribile 4 Novembre...particolare che ha stuzzicato la mia suggestionabile mente....per poi svilupparsi in un anno solare, anno nel quale il destino di una Londra grigia ed oppressa da un governo totalitario, verrà riportata a nuova consapevolezza dall’eroe positivo-negativo V...Ovviamente non sto a raccontare per filo e per segno la storia, anche perchè siete grandicelli e se volete ve la andate a vedere da soli, quello che mi preme e far capire quanti sono i possibili punti di paragone tra la nostra situazione politica ad oggi e quella che il film propone. Io lo ho visto come un monito, l’ennesimo nato da una mente geniale che ha voluto donare al mondo la sua visione consapevole, per scongiurare il pericolo di eventuali revisionismi storici, che ci lascierebbero in balia della sconcertante ciclicità degli eventi o più semplicemente della stupidità umana. Una magnifica summa di ciò che accade ad un paese quando perde la sua identità e si affida per paura a chi sa proporre le soluzioni più semplici, anche se violente e censorie. Il simbolo di tutte le dittature tristemente ed eternamente uguali a se stesse. Basta astrarre e fare un simpatico giochino di cambio di nomi...
Il film è, inoltre, apprezzabile tecnicamente; chi ama le finezze della fotografia e le regie vivaci troverà terreno fertile (non storcete subito il naso di fronte al nome dei fratelli wachowski che hanno scritto e prodotto...Anche io temevo, ah se temevo l’americanata! Invece, alla fine, il tutto risulta molto inglese nella forma, solo verso la fine si vedono alcuni “calci rotanti” di troppo), anche dal punto di vista interpretativo il cast non delude...Insomma, non farò la specialista che non sono, dico, semplicemente che di carne al fuoco o trippa per gatti ce n’è, chi vuole incazzarsi un pò per la situazione politica attuale e per la sua sconcertante banalità si guardi V per Vendetta...E con questo mi congedo. Un saluto.

P.S. Prossimamente per continuare con i soliti viscosi discorsi sulla precarietà della Nostra generazione, andrò a vedermi un gruppo di traduttori del disagio: “Le Luci della Centrale Elettrica”...Ora non per fare pubblicità, perchè tanto sappiate che non intasco nulla, sono a Bologna a presentare il loro libro sulla Generazione Zero il 13 Novembre in via Mascarella e il 14 in Viale Zagabria per il loro concerto....Comunque se volete saperne di più su questo gruppetto di angoscianti virgulti e se volete visionarvi bene le date in giro per il Belpaese, vi consiglio di sbattervi un pò, di cercare sul webbe, tanto non essendo dotati di dita palmate, non farete neppure fatica...Vi saprò poi dire qualcosa.

mercoledì 5 novembre 2008

LaRanaCattiva nello stagno della generazione precaria

NOTA BENE: Questo sfogo nasce il finesettimana scorso, durante un viaggio in treno durato più del previsto. Di fronte a 3 ore d’attesa da passare alla stazione di Parma, la prospettiva sarebbe stata quella di lanciarsi a pelle d’orso sui binari, invece è successa una cosa strana che da tempo non capitava...L’impulso irrefrenabile di scrivere. Ecco perchè non ho cambiato una virgola, sarebbe stato ingiusto ed ecco perchè alcuni riferimenti all’inattività del blog sembreranno fuori dal mondo ora che il giorno dei morti ha miracolosamente ridato vita a questa piattaforma....

- Sento freddo...
- Forse sarà l’autunno!
- No...non è la stagione, è un freddo che parte da dentro non da fuori.
- Che intendi Rana? Spiegamelo non posso sentire quello che provi tu, siamo diversi.
- Cattiva, dovresti essere in grado di avvicinarti empaticamente a me, ma so che non è per niente facile...
- Ma io sono te, eppure alle volte non ti capisco. Non puoi farne un dramma se siamo diversi. Io ragiono, tu senti... Io sdrammatizzo e non prendo sul serio niente sul quale si possa ragionare, perchè analizzando... qualunque evento può essere ridotto al semplice, al comprensibile, qualcosa di acettabile e divertente come un gioco... Dai che lo puoi capire...La classica Ironia della sorte!
- “Il gioco è uno dei lavori più seri del mondo”... Io non posso far altro che strepitare per ogni accidente che mi si para di fronte, perchè sono delle pulsioni incontrollabili quelle che mi muovono. Non ho la lucidità necessaria per discernere tra “Me” e il “Fuori da Me”. Tutto è così viscosamente collegato, un pantano indecifrabile, quello che mi calpesta dall’esterno non posso leggerlo se non in relazione a quello che provoca, alle reazioni che suscita in me. Tante relazioni, varie coincidenze, corrispondenze inspiegabili, torrenziali, che a ciel sereno mi travolgono, non possono essere casuali. Io devo dare un senso a tutto questo, perchè il Senso sta negli occhi di chi guarda.
In questo caso ti dico che sento freddo, un freddo di desolazione!
- Va bene, allora per un momento cerchiamo di trovare un punto di incontro. Solo per capire, altrimenti si continua a parlare di nulla. Non deve essere difficile trovare quella chiave di volta, dove le nostre spinte contrarie ed opposte possano generare una stabilità di fondo...un equilibrio, insomma.
- No, non dovrebbe essere così difficile, basta volerlo! Prova allora ad entrare sotto la mia pelle apparentemente viscida e repellente. Entra e scava fin dove c’è luce, quando incontrerai il buio, lì, saprai di essere arrivata dove nascono le paure più nascoste, quelle che fatichiamo persino ad ammettere con noi stessi. Sentirai finalmente. E’ troppo difficile spiegare una sensazione. Bisogna condividere le stesse esperienze, sguazzare nello stesso fango. Dove sarò io sarai anche tu, anche perchè la vita è una e il mondo finito nelle sue categorie di Spazio e Tempo: solo allora capirai cosa intendo per Freddo.
- Ho paura di non trovare niente che possa cambiare le cose. Tanta fatica spesa, per ritrovarsi nuovamente al punto di partenza. Per di più avendo scoperto cosa vuol dire questa dannata sensazione di Freddo.
- No, no, a meno che tu non sia impermeabile (scusa l’ossimoro, visto che sei una rana), vedrai che ti troverai ad essere diversa, nuova, non si può fingere che nulla sia successo, proprio perchè è successo, è diventato Reale, una Verità oggettiva. Se poi deciderai di far finta di nulla, beh, problema tuo... Me ne farò una ragione, ma rimarrò per sempre nella convinzione che hai avuto paura. Paura di sbagliare, paura di perdere il controllo della tua vita, che se non te ne sei resa conto sta già sbandando da tempo, come quella di tutte le altre rane che popolano il nostro stagno.
- Ma di cosa stai parlando? Io non capisco più nulla. Sembri una pazza. Quale ordine c’è ancora da sovvertire? Rischi di sembrare la depositaria di una Verità che forse neppure esiste... Vedrai attirerai su di te solo biasimo ed incomprensione... Perchè mi vuoi trascinare nel tuo mondo di follia visionaria ed idealista?
- Perchè credo che una volta che ti sei esposta non puoi più nasconderti. Perchè diventerà necessario per te combattere per ottenere quello che vuoi realmente. Esporsi vuol dire conoscersi a tal punto da non aver più paura del giudizio altrui, ma per conoscersi bisogna faticare, provare, farsi male, sentire intensamente con ogni verde fibra del tuo corpo. E’ vero, sarai addomesticata a quel punto, ma dimmi chi è mai stato libero? Nasciamo e siamo già schiavi di noi stessi, la Libertà se esiste risiede solo nel non aver paura del bello e del brutto che alberga in noi. Quando si sarà raggiunta l’accettazione dell’essere meravigliosamente imperfetti, allora sì, che la visione cambierà, che riusciremo a perdonare anche gli altri per la loro finitezza. Non esisterà più il Giudizio.
- Razionalmente non ti capisco, però credo che non ci sia nulla di sbagliato nello smuovere le acque e provare a darti man forte, anche perchè da sola saresti una mina vagante.
- Ti ringrazio Cattiva, perlomeno ora potrai sentire anche tu freddo ed aiutarmi a farlo sentire a tutto il resto dello stagno.
LaRanaCattiva si è finalmente riconosciuta... Ha ricostruito la sua autoconsapevolezza. Sente freddo... Il gelo della disillusione.
Ora se il suo piccolo cervello anfibio regge all’idea di fare ciò che sta per fare, spiegherà le ragioni che l’hanno spinta ad okkupare (così con le K affabuliamo anche i gggiovani) questa pubblica piazza ...Ispirata forse dalle mobilitazioni civili degli ultimi tempi.
Se è vero che un Centro, un nucleo caldo di fervore culturale non esiste più, che Segnosulmuro, quel luogo di libera espressione ideologica è andato miseramente prosciugandosi alla radice, perchè non nutrito da dibattiti e contraddittori, ne consegue che neppure una posizione di marginalità a questo polo centrale esiste più. E’ solo questione di punti di vista: Quale opposizione può esistere al Nulla? Semplice, nessuna. La mia presa forzata di possesso diviene dunque legittima dal mio punto di vista, anche se apparentemente parassitaria ed abusiva.(In realtà sarebbe stato troppo faticoso aprire un mio blog)... Ma chi può dire che questo sia realmente un male e che io non lo stia facendo con scopi benigni? Chi vuole leggere i miei sproloqui come spocchiosi, faccia pure, le libere interpretazioni mi affascinano.
Comunque... Non per fare stupide polemiche, ma forse mancava un principio di fondo, un progetto di reale miglioramento comune, di disinteressato dialogo tra le teste dei creatori di questo blog e i potenziali fruitori. E’ comprensibile che il tutto fosse un esperimento, un giocoso divertissement, ma credo che si possa riuscire ad arrivare a tutti se solo per un attimo ci si dimentica dell’autoreferenzialità. Assurdo che sia io a parlare di autoreferenzialità... quando sto usando questo mezzo per parlare di me fino ad ora, ma queste sono presentazioni, probabilmente andando avanti il tiro verrà aggiustato e saprò spiegare a fatti quello che intendo per utilità filtrata attraverso l’esperienza personale.
Perchè non voglio pensare che jente valida abbia potuto scambiare l’utilità potenziale di un blog, per vuoto esercizio formale. Sia nato, in realtà...o mio Dio... “Perchè, cioè, fa figo avere un blog, cioè, perchè così possiamo far vedere quanto ne sappiamo, cioè perchè si, dai, in preda ai fumi più disparati è bello credere in un sogno, credere di poter essere utili a qualcuno in città, nel mondo negli universi paralleli!”. Il narcisismo farà anche bene, ma occhio a bearsi troppo (ma quanto siamo bravi, ma quanto siamo affascinanti) si rischia di rimanere imprigionati in una adolescenza patologica, che alla nostra età risulta grottesca.
Io che sono un anfibio, per definizione nè carne nè pesce, una sorta di polpettone cotto a metà,sono perfettamente consapevole di non poter essere per nessuno un punto di riferimento visto che non basto neppure a me stessa. Sono qui solo per apportare il mio punto di vista, la mia esperienza... Un pò sparando a zero, un pò ragionando seriamente, ed un pò tanto...dicendo cazzate, ma cercando di proporre e proponendo, come farei con i miei sventurati amici, qualcosa da fare e qualcosa su cui riflettere. Per sfruttare al meglio una occasione che potrebbe finire come ben sappiamo, ma magari no...Who knows?
Per una creaturina piccola e gracidante come me è abbastanza facile rompere le scatole, nel senso che essendo da poco nella Dotta, tutto mi appare meravigliosamente sconosciuto e non posso fare a meno di stupirmi (e palesarlo fastidiosamente) per la quantità spaventosa di stimoli che qui la città propone... Ebbene si, sarò provincialotta, il buon Fedro parlava di topo di campagna e topo di città , ma qui io parlo di capacità di meravigliarsi ancora, di entusiasmarsi di fronte a qualcosa di prezioso. Quella che Saint Exupery avrebbe chiamato “ la Capacità di saper ancora Arrossire”.
Stanca di vagare in cerca di rivoluzioni più o meno permanenti, di stimoli continui non ho dovuto far altro che attendere l’inevitabilità degli eventi...Ad azione reazione. Messa giù così a muso duro...può sembrare un “Ve lo avevo detto!”... In effetti è un “ Eh, me lo aspettavo, la resistenza alle difficoltà non è il vostro forte!”...Lo so, lo so è uguale!
Saltando in lungo ed in largo ho deciso di infestare questo stagno ben sapendo che la sua placida quietanza mi avrebbe lasciato la tranquillità per agire indisturbata e molesta come piace tanto a me. Già, già... chi se lo sarebbe mai aspettato che un blog fondato da ggggiovani virgulti della migliore specie impegnata ed intellettuale, tutti nati e cresciuti a cinema e lettertura avrebbero così presto abdicato alla Noia e all’apatia più totale. Ragazzi poco più che ventenni, la meglio gioventù dell’intellighenzia bolognese che frustrata dal non sapersi misurare con la fatica intrinseca della vita ha preferito cedere il proprio sogno di apostolato culturale perchè in definitiva si ha meglio da fare...o comunque perchè è troppo difficile mantenere un qualunque tipo di continuità.
E’ troppo facile abbandonarsi all’entusiasmo, quasi in preda ad un orgasmo di aspettative se poi non si hanno gli attributi per soffrire e lavorare per ciò in cui si crede.
Sognare e sognare alto è davvero una virtù e se ancora si è in grado di farlo, perchè buttare tutto nel cesso per paura di essere considerati folli o di rimanere degli incompresi?
Quanto è bello fare la maestrina che bacchetta i girini svogliati; che surreale gusto autolesionistico mi anima e che soddisfazione generare disprezzo (almeno una rezione).
E’ troppo facile parlare attraverso le opere altrui, loro sono lì e sono un dato di fatto, non aspettano altro che essere continuamente riscoperte attraverso occhi sempre nuovi, come le coscienze individuali che le approcciano. Vogliamo mettere la faccia per quello in cui crediamo e vogliamo analizzare un film, un programma, un libro attraverso il filtro della nostra esperienza, senza ricorrere a prontuari e formule da compassati critici. Qualcuno lo ha anche fatto, ma poi ha smesso di credere nella potenza delle parole, come se fosse tutto inutile, ancora una volta come se niente avesse Senso!
E’follia credere fermamente in qualcosa? E’ follia credere in qualcosa pur essendo consapevoli che potrebbe non servire a cambiare di fatto la realtà circostante?
Non so darmi risposta, o meglio, me la do eccome...

domenica 2 novembre 2008

La legge, la fede e il caso di Eluana Englaro

Qualche giorno fa, mi sono messo a guardare L'infedele, il programma televisivo diretto da Gad Lerner. In studio era presente come ospite d'onore, che farà anche comprendere il tema della puntata, Beppino Englaro il padre di Eluana Englaro, la ragazza che aspetta da anni che la legge e la politica italiana le permettano di veder terminata la sua vita. Il tema evidentemente è molto complesso e va a toccare la struttura portante di qualsiasi etica, dai più forti istinti umani ai più radicati valori morali. In studio, come è solito farsi in tali talk show, vi erano altri ospiti divisi a seconda dell'opinione di cui erano portavoce, le due principali: chi era d'accordo che in Italia si formuli una legge che regoli la situazione verso una accettazione della possibilità di dare fine alla vita di alcune persone in determinati casi, in questo caso di permettere ad un medico consenziente di staccare i macchinari che continuano a tenere in vita Eluana (più precisamente di estrarre il sondino che la alimenta); chi, al contrario, riteneva che una tale legge nel diritto di uno stato, purché laico, sia inammissibile perché contraria a qualsiasi valore e principio di vita, che il diritto per eccellenza difende. Quasi inevitabilmente tale posizione era accompagnata dalla professione di una confessione cattolica, anche se tra i credenti era presente anche il teologo Vito Mancuso, che benché cattolico credente, appoggiava le richieste di Englaro e denunciava il bisogno della Chiesa di riconsiderare le proprie impostazioni a riguardo, proprio attraverso il recupero di quei valori che sono a fondamento e traguardo della chiesa cattolica stessa: quali il libero arbitrio, il concetto di persona, il valore della morte come passaggio verso la salvezza e non ultimo il principio dell'autodeterminazione dell'individuo. Quest'ultimo, nella continuazione del dibattito, è stato assunto come fulcro della questione: un individuo è libero di scegliere la propria morte, essa è considerabile come libertà? Ma soprattutto uno stato può fondarsi su una legge che preveda il riconoscimento di questa libertà?
La trasmissione, come forse sempre è successo per questo tema, si è conclusa con tanti chiarimenti e nessuna soluzione, se soluzione può esserci. Ma neanche un avvicinamento delle rispettive posizioni.
E' evidente che alla base c'è un concetto diverso di libertà, da una parte essa indica la possibilità che un individuo ha di determinare la propria individualità per quello che concerne la propria persona (i limiti che essa prevede, cioè generalmente "l'iniziare e concludersi con l'altrui libertà" sono problemi che porterebbero ad un ulteriore discussione, qui non fondamentale, ad ogni modo essa è garantita dallo stato di diritto stesso); dall'altra la libertà è la possibilità donata da Dio di rendere grazie attraverso opere e professioni del dono stesso della vita, nell'attesa e speranza della salvezza eterna. Apparentemente le due posizioni sono inconciliabili, ma non lo sono. In realtà la concezione cattolica, va ad inserirsi perfettamente nella garanzia di autodeterminazione sancita dal diritto. Ma nel caso in questione la contraddizione nasce e si palesa; ma ancora una volta, a mio avviso, solo apparentemente. Il fulcro del problema non è nella autodeterminazione, ma invece nei valori stessi e nelle problematiche che essi portano, propri dell'impostazione cattolica. Il caso in cui una persona si trovi a vedersi prolungata la vita attraverso dei macchinari, è evidentemente un caso in cui non è la natura a fare il suo corso, ma è una prassi dettata dal libero arbitrio umano, libero arbitrio che la religione cattolica stessa ha posto come fondamento basilare della sua dottrina. E' impossibile potere stabilire di un evento quanto esso sia frutto della scelta degli uomini e quanto esso sia verificatosi secondo la provvidenza divina, si dovrebbe quasi affermare che entrambe allo stesso modo si verificano, anche se concettualmente o forse meglio dire secondo una razionalizzazione dei precetti religiosi, sono contraddittorie.
L'impossibilità di dividere la responsabilità umana dall'atto divino, l'impossibilità di poter considerare una torre babelica come un atto di offesa a Dio perpetuato dalla superbia umana. qualcosa che Dio stesso ha "voluto" o meno. Questo dissidio che può risolversi solo attraverso la fede che è un ridarsi completamente a Dio, quindi un camminare nuovi passi a tentoni nella speranza di sentire la Sua mano a guidarci, non può proprio per la sua essenza essere a fondamento di una legge di uno stato civile democratico. Poiché essa dovrebbe regolare l'indeterminatezza, dovrebbe essere legge di Dio, in quanto regolante la sua "volontà", più che la nostra di esseri umani. E' evidente la follia di una tale impostazione. Detta in termini esemplificativi: Una persona che per un'incidente d'auto venga intubata e sopravviva attraverso i macchinari di una struttura ospedaliera e che in piena coscienza esprima la sua volontà di non ricevere più cure, cosa che la porterebbe verso la morte naturale, dovrebbe avere il diritto regolamentato da una legge dello stato di ricevere tale trattamento e non potrebbe considerarsi alcun caso, come la possibilità di una miracolosa guarigione, che possa ritenersi affrontabile in questa materia di legge se non sforando nel campo della regolamentazione del divino, ossia del provvido, ossia dell'innaturale: non-umano.
Infine si eliminerebbe la libertà di coscienza propria che permette la fede stessa (oltre che quella, anche possibile, di non voler essere dei miracolati) e sarebbe inammissibile come dato da porre l'eventualità miracolosa proprio nel momento in cui è imperscrutabile l'ordine, il verificarsi e il senso degli eventi. Chi si chiude dietro frasi che riguardano l'influenza culturale di un tale gesto o la simbologia o la contraddizione di come si possa scegliere la morte, visto che per essenza essa è mancanza di scelta, pone la questione su binari senza uscita, che non parlano del problema, ma lo evitano. La morte possiamo considerarla solo come evento della vita, non in altra maniera, in tal modo dobbiamo trattarla. Questo è il motivo per cui resta da attuare attraverso una regolamentazione di legge ad hoc il principio di autoregolamentazione della persona, del cittadino, riguardo alla morte nei casi come quello di Eluana Englaro; per garantire il valore di una democrazia attraverso il suo stato di diritto, il resto in tale questione è solo Burocrazia.