mercoledì 25 novembre 2009

Storia di un impiegato, n.2





La bomba in testa


...e io contavo i denti ai francobolli
dicevo "grazie a dio" "buon natale"
mi sentivo normale
eppure i miei trent'anni
erano pochi più dei loro
ma non importa adesso torno al lavoro.
Cantavano il disordine dei sogni
gli ingrati del benessere francese
e non davan l'idea
di denunciare uomini al balcone
di un solo maggio, di un unico paese,
e io la faccia usata dal buonsenso
ripeto "non vogliamoci del male"
e non mi sento normale
e mi sorprendo ancora
a misurarmi su di loro
e adesso è tardi, adesso torno al lavoro.
Rischiavano la strada e per un uomo
ci vuole pure un senso a sopportare
di poter sanguinare
e il senso non dev'essere rischiare
ma forse non voler più sopportare.
Chissà cosa si prova a liberare
la fiducia nelle proprie tentazioni,
allontanare gli intrusi
dalle nostre emozioni,
allontanarli in tempo
e prima di trovarti solo
con la paura di non tornare al lavoro.
Rischiare libertà strada per strada,
scordarsi le rotaie verso casa,
io ne valgo la pena,
per arrivare ad incontrar la gente
senza dovermi fingere innocente.
Mi sforzo di ripetermi con loro
e più l'idea va dì là del vetro
più mi lasciano indietro,
per il coraggio insieme
non so le regole del gioco
senza la mia paura mi fido poco.
Ormai sono in ritardo per gli amici
per l'odio potrei farcela da solo
illuminando al tritolo
chi ha la faccia e mostra solo il viso
sempre gradevole, sempre più impreciso.
E l'esplosivo spacca, taglia, fruga
tra gli ospiti di un ballo mascherato,
io mi sono invitato
a rilevar l'impronta
dietro ogni maschera che salta
e a non aver pietà per la mia prima volta.

Se questo è certamente un album politico, allo stesso tempo è certamente una delle più innovative forme di narrazione tentate attraverso la canzone, almeno nel panorama italiano. La Bomba in testa apre a ventaglio il dipanarsi dei pensieri dell'impiegato, in un altalenarsi di istintività, ossessione e repressione della propria volontà. Crea ampi scorci sui dubbi che attanagliano l'impiegato e allo stesso tempo ci trascina lungo la linea narrativa, portando avanti la storia. Subito viene presentato un elemento chiave della narrazione nel titolo: la bomba, inserito metaforicamente a significare una confusione di pensieri, ma anche rivelato come elemento attivo nell'intreccio al termine del testo della canzone. Lo stile narrativo di De André è tutto votato alla concisione, anche per i limiti strutturali della canzone, ma ne viene fuori una profondità di espressione difficilmente raggiungibile. Cosicché ad esempio con “Chissà cosa si prova a liberare la fiducia nelle proprie tentazioni, allontanare gli intrusi dalle nostre emozioni, allontanarli in tempo e prima di trovarti solo con la paura di non tornare al lavoro.”, delinea il quadro di un'interiorità complessa, affrontando temi di profondità e spessore, dove gli “intrusi delle emozioni” con un secco richiamo freudiano, presente in tutto l'album, non sono altro che le forze repressive del Super-ego, quelle assunzioni formali dell'interiorità che si sono sviluppate secondo l'educazione derivata dalla propria formazione, dalla società, dalla cultura. Il protagonista manifesta una coscienza della contraddizione tra i propri pensieri e l'aridità della sola “paura di perdere il lavoro”, continuando a “misurare” ciò di cui sempre più diviene consapevole a ciò che trova nei giovani contestatori. In questo modo il tema della contestazione, può raggiungere il valore più alto del proprio messaggio e del ruolo storico che ha avuto, perché è messo in scena il percorso che da una coscienza individuale parte fino a trasformarsi in collettività e all'inverso. Ma non è questo il solo tema dell'album, la storia continua e muta. L'impiegato non partecipa alla contestazione, ma “partecipa” alla reazione alla propria frustrazione, non assume nessuna coscienza collettiva, non diviene parte di un movimento ma resta chiuso nella propria individualità “Mi sforzo di ripetermi con loro e più l'idea va dì là del vetro più mi lasciano indietro, per il coraggio insieme non so le regole del gioco senza la mia paura mi fido poco. Ormai sono in ritardo per gli amici per l'odio potrei farcela da solo illuminando al tritolo chi ha la faccia e mostra solo il viso sempre gradevole, sempre più impreciso.”. Sta diventando appunto un bombarolo, alimentando il proprio odio con tutta l'ambiguità di un gesto masochistico, come se il sadismo porti con sé sempre una componente autolesionistica. La distruzione non è cristallizzata in una mera rivalsa, ma è già rigenerazione, perché manifesta il proprio lato creativo. Tutto ciò è possibile pensarlo in quanto quello che l'impiegato vuole far saltare in aria sono le ipocrisie fondanti la cultura stessa che lo ha cresciuto anch'egli finora ipocrita, la propria. Colta e straordinaria per l'utilizzo che De André ne fa, la metafora lunga delle maschere e del viso: per cui i disvalori della sopraffazione e della repressione, sono la “faccia” che i componenti della società “mascherano” come in un “ballo mascherato”, in questo c'è anche un sottile richiamo alla ripetitività dei gesti e delle situazioni in un rapporto di potere, dove le “maschere” sono gli illustri personaggi a cui i buoni valori sono collegati (es. Cristo e la Bontà). L' “impronta” della verità è lasciata dalle “facce” sulle “maschere” e il protagonista vuole “rilevare” e rivelare quell'impronta, facendo “saltare” le maschere. Da qui nasce la quarta canzone, che prosegue la metafora, nella quale viene mostrato l'uso ipocrita che si fa di ogni personaggio-maschera in una complessa costruzione di rapporti tra le varie celebrità-simbolo.


Al ballo mascherato delle celebrità

Cristo drogato da troppe sconfitte
cede alla complicità
di Nobel che gli espone la praticità
di un eventuale premio della bontà.
Maria ignorata da un Edipo ormai scaltro
mima una sua nostalgia di natività,
io con la mia bomba porto la novità,
la bomba che debutta in società,
al ballo mascherato della celebrità.
Dante alla porta di Paolo e Francesca
spia chi fa meglio di lui:
lì dietro si racconta un amore normale
ma lui saprà poi renderlo tanto geniale.
E il viaggio all'inferno ora fallo da solo
con l'ultima invidia lasciata là sotto un lenzuolo,
sorpresa sulla porta d'una felicità
la bomba ha risparmiato la normalità,
al ballo mascherato della celebrità.
La bomba non ha una natura gentile
ma spinta da imparzialità
sconvolge l'improbabile intimità
di un'apparente statua della Pietà.
Grimilde di Manhattan, statua della libertà,
adesso non ha più rivali la tua vanità
e il gioco dello specchio non si ripeterà
"sono più bella io o la statua della Pietà"
dopo il ballo mascherato della celebrità.
Nelson strappato al suo carnevale
rincorre la sua identità
e cerca la sua maschera, l'orgoglio, lo stile,
impegnati sempre a vincere e mai a morire.
Poi dalla feluca ormai a brandelli
tenta di estrarre il coniglio della sua Trafalgar
e nella sua agonia, sparsa di qua, di là,
implora una Sant'Elena anche in comproprietà,
al ballo mascherato della celebrità.
Mio padre pretende aspirina ed affetto
e inciampa nella sua autorità,
affida a una vestaglia il suo ultimo ruolo
ma lui esplode dopo, prima il suo decoro.
Mia madre si approva in frantumi di specchio,
dovrebbe accettare la bomba con serenità,
il martirio è il suo mestiere, la sua vanità,
ma ora accetta di morire soltanto a metà,
la sua parte ancora viva le fa tanta pietà,
al ballo mascherato della celebrità.
Qualcuno ha lasciato la luna nel bagno
accesa soltanto a metà
quel poco che mi basta per contare i caduti,
stupirmi della loro fragilità,
e adesso puoi togliermi i piedi dal collo
amico che mi hai insegnato il "come si fa"
se no ti porto indietro di qualche minuto
ti metto a conversare, ti ci metto seduto
tra Nelson e la statua della Pietà,
al ballo mascherato della celebrità.

In un ripetersi di nomi che fondano gran parte della cultura occidentale, si assiste ad un vero e proprio, ma complesso, ribaltamento dei valori che ogni personaggio simboleggia. Un ribaltamento che ha più la forma di una sconfessione e di uno svelamento. Cosicché il Cristo della bontà viene descritto con accenti masochistici e il sacrificio assume valore solo in relazione alla gloria/fama che ne deriva, ricadendo così nei meccanismi di vittimismo buonista attraverso la relazione con il bisogno per la società contemporanea di un premio alla bontà (pace) indetto da Nobel (più “pratico” di un intero Nuovo Testamento?!). La madonna viene descritta calcando l'accento sulla morbosità del rapporto materno rapportato all'Edipo freudiano, sembra quasi vittima di una “gravidanza isterica” cercando drammaticamente il suo figlio\Edipo che si nega poiché “ormai scaltro”, ossia consapevole del suo essere figlio e amante. Così vengono minati i valori della famiglia e della solidarietà sociale. Dante, simbolo della cultura e dell'arte, in realtà è chi incapace di vivere un amore lo spia e lo racconta straordinario, ma in verità era un “amore normale”, diviene così manifesta la menzogna prodotta in risposta alle proprie debolezze. Nelle successive due strofe, De André inserisce una parola chiave per la sua poetica: “pietà” (“nella pietà che non cede al rancore, madre, ho imparato l'amore”, da Testamento di Tito). Sembra dire che la Libertà, che simboleggiata dalla Statua della Libertà in America, pare essere più che altro sinonimo di liberismo, dopo la bomba che smaschera i valori, resterà la sola, svelando quindi una società fondata sul proprio tornaconto e non sulla pietà umana, simboleggiata dalla “pietà” michelangiolesca: sublimazione di un amore materno verso il proprio figlio morto, che si fa amore universale verso il proprio Dio morto resuscitato per la salvezza, espressione di un sentimento complesso di difficile spiegazione. Con la figura di Nelson, pare si voglia colpire la vanagloria di tipo patriottico che è nascosta dietro ai personaggi storici e al loro ricordo e l'opposizione che nasce tra l'individuo e le necessità di una collettività quando sono in gioco falsi valori: “impegnati sempre a vincere ma mai a morire”, così che la vittoria di Trafalgar in cui Nelson morì sarebbe stata certo scambiata con un sconfitta e la prigionia a Sant'Elena dall'ammiraglio. Nelle successive strofe si passa ad una descrizione più intimista, entrano in gioco i genitori dell'impiegato, anche loro come gli altri personaggi veicolano valori e rappresentano l'educazione, l'autorità, il Super-ego. Il padre che pretende, come per debito di discendenza, le cure materiali e l'affetto indipendentemente da ciò che significa il suo essere padre, la piccola e meschina realtà da perpetuare che porta in dono al figlio insieme ad un “decoro” che maschera in realtà remissività e rassegnazione. Così come la madre che rincorre il modello femminile imposto, cercando gratificazione nel conformismo legato all'esteriorità, finendo per avere pietà della parte di sé soffocata che è rimasta “viva” dopo l'esplosione; la vanità era il suo martirio, la sua morte che la rendeva una bella vittima. Da qui in poi entra in scena l'io del protagonista, che sembra dichiarare di stare sognando o di essere in una situazione tra la veglia e il sogno, attraverso immagini accostate come la “luna” e il “bagno” in un tipico meccanismo onirico, ipotesi presumibile per il fatto che la canzone successiva si intitola Sogno numero due. Il protagonista dichiara di sentirsi spinto, sente la pressione nel suo agire (“e adesso puoi togliermi i piedi dal collo amico che mi hai insegnato il "come si fa"), ma è probabilmente una pressione legata alla totalità degli eventi, dove l'”amico” indica certo anche il movimento di contestazione, come era stato in La bomba in testa. In questo passaggio si può appunto notare come qualsiasi forma di autorità, compresa quella anti-autorità, può essere messa tra le maschere, proprio tra “Nelson” simbolo di un potere militare e politico e la “pietà” simbolo della solidarietà umana (per questo “amico”) che però viene colpita anch'essa da una bomba che “non ha una natura gentile” ed è “spinta da imparzialità”.
Si conclude così la prima canzone-viaggio nel mondo onirico dell'impiegato, che elabora inconsciamente il mutamento della sua coscienza verso quella che veniva chiamata “coscienza politica”, ma che è immersa necessariamente nel magma dell'interiorità dell'individuo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Irraggiungibile Faber