mercoledì 25 febbraio 2009

Secondo lancio...


Devo dire che Alessandro Baricco non mi è mai piaciuto un granché...delle sue cose non ho letto molto e del personaggio-autore so ancora meno, forse perché l'impressione che ho sempre avuto da lui è quella di un venditore; non mi verrebbe da dire un buon venditore, forse perché ritengo che un buon venditore deve saper far credere al cliente che è stato il cliente stesso a scegliere il prodotto e non il venditore a proporlo più o meno insistentemente; è possibile che mi sbagli nei suoi riguardi, del resto sono innegabili le sue capacità retoriche e per così dire carismatiche.
Questo preambolo però non ha quasi nulla a che vedere con la proposta del post, se non il fatto che l'articolo che vi propongo è scritto da Baricco, il titolo è Basta con i soldi pubblici al teatro meglio puntare su scuola e tv.
Lo so l'articolo è lungo, cosa che stona con la dinamicità del web, ma è piuttosto interessante e appare evidente come l'impressione, per me fastidiosa, di un Baricco venditore venga più o meno confermata ma che assuma una prospettiva non priva di fascino e rivalutazione delle intenzioni.
Ciò che appare evidente è la consapevolezza che Baricco ha della società, o meglio dei meccanismi e delle spinte che la regolano, che sono sempre e costantemente basati sulla soddisfazione di una domanda con una offerta.
Se alfabetizzare significa insegnare alla massa, che vige, a saper chiedere, a domandare il "meglio", così che la massa sappia fruirne, allora credo che siamo per la maggior parte d'accordo, e Baricco non fa altro che proporre un metodo forse corretto di migliorare la situazione.
Quello che credo io, è che sia una analisi tutto sommato giusta, gli sprechi sono molti, probabilmente in ogni settore, ma che l'autore-venditore, un po' alla sua maniera ricalcando il ruolo che si è disegnato di voce anti-accademica, non faccia che lanciare una provocazione più che una proposta. Se fosse stata una proposta seria, si sarebbero dovuti considerare gli sprechi del denaro pubblico come una totalità, un sistema da analizzare nella sua complessità secondo parametri di servizio e principio. Del resto dire che il modo migliore di alfabetizzare è nella tv, nell'era ormai consolidatissima del world wide web, mi sembra proprio una baggianata!!!Proprio per questo credo che di proposte più serie, come per esempio usare il denaro pubblico per portare la rete nei luoghi più remoti del nostro paese, ce ne siano da fare, le sue restano in calce, piuttosto ridicole nella situazione generale del paese in questo momento (...sembra di stare di fronte alla classica sindrome dell'umanista che vive tra le nuvole!!), ma apprezzabili per la spinta culturale che molti di noi auspicano.

extitolum:...in aria

3 commenti:

Luciano ha detto...

Un argomento interessante e di fondamentale importanza. Non ho ancora letto l'articolo di Baricco (appena trovo il tempo torno per un altro commento), ma purtroppo ritengo che chi detiene il "potere" (uso il termine in senso generico per non portare la discussione su altri versanti) probabilmente ha interesse a lasciare le cose come stanno, ritenendo che la cultura sia un "pericolo" per la gestione "comoda" e senza scossoni del potere stesso.

Artax ha detto...

@Luciano. Quello che dici è vero, ma non c'è solo questo. Diciamo che se il potere fosse gestito con maggior intelligenza (perseguendo lo stesso fine, ovvero il consolidamento del potere stesso), cercherebbe di "indirizzare" la cultura, o fare anche questo. Non mi si fraintenda, non è che sto dicendo che ritengo una cultura "indirizzata" la Cultura. Ma in genere questo secolo ci ha insegnato che l'evoluzione dell'uso del potere si è avuta proprio nell'apprendere il modo di diventare "culturale".
Le cose da dire sono due:
1)Il potere oggi si fonda su meccanismi prettamente economici, tanto (si veda la crisi) da esserne spessissimo dipendente.
2)La cultura oggi per la sua affermazione e sopravvivenza, si fonda sugli stessi meccanismi.
Ne consegue che il potere non ha alcun interesse a intervenire direttamente sulla cultura (tranne in casi particolari), ma cerca di intervenire direttamente sui meccanismi economici, e solo conseguentemente a ciò che si agisce sulla cultura, poiché essa ne è influenzata.
E' anche per questo che ho inserito l'immagine di Amici, oltre per dare l'immagine di che tipo di cultura si finanzierebbe aumentando i soldi alle tv che dovrebbero sottostare a leggi di mercato. Amici rappresenta come si fa a prendere la cultura e a farne prodotto, più consumabile possibile, nell'ambito televisivo, chi viene a dirmi che quella non è cultura, io credo sia in errore: si insegna, si invitano artisti o professionisti, si esibisce l'arte sotto la forma di alcune discipline (quasi direi che sembra un'opera d'arte concettuale, una performance, mentre Duchamp prendeva un cesso lo ribaltava e lo portava in un museo, Maria de Filippi prende il lago dei cigni lo stravolge in parte e lo porta in uno studio blu di ragazzini urlanti).
Forse ho perso un po' il filo del discorso, ma in effetti si potrebbe parlare a lungo di tutto ciò...l'articolo comunque ha dato avvio ad una "polemica" su Repubblica, ti linko l'ultimo articolo che è di Scalfari(sulla destra del quale c'è il riquadro con gli articoli correlati, dove si può leggere tutta la polemica). Infine la domanda che bisogna farsi: è la cultura che influenza il mercato o il contrario? E se è un'interdipendenza, quale delle parti ha più forza rispetto all'altra? Pensando a McLwon, a Baumann, forse dovrei dire soprattutto a Marx, ho dei dubbi nel dire che è la cultura che ha maggior forza dei meccanismi di produzione(consumo?)...ma chissà?!

Artax ha detto...

Parlavo di Marshall Mcluhan, mi sa che avevo sbagliato a scrivere...;)