martedì 10 marzo 2009

Terzo lancio...


Con il Terzo lancio...intendo aprire una sorta di rubrica, se così può chiamarsi e se si riuscirà a tenerla, diciamo settimanale (con liberi slittamenti) di opere artistiche.
La prima proposta è questo "Socle du monde" ( "Zoccolo del mondo", "Base of the World", 1961,iron, bronze, 82x100x100cm, Herning Kunstmuseum, Denmark), del non ancora, se non forse in ambito specialistico, sufficientemente acclamato, perlomeno nel nostro e suo paese, Piero Manzoni, certamente uno dei più grandi artisti italiani del secolo scorso.
Essendo opera di arte concettuale e essendo per me fulminante, non mi metterò a commentarla (anche a causa dell'inesperienza), ma lascio a voi l'impatto, per me così piacevole, con questa evidenza. Faccio solo notare che se la scritta sul blocco è a rovescio, non è certo ovviamente per un errore fotografico...:)

ex titolum:...contro una lastra di vetro!

10 commenti:

LaRanaCattiva ha detto...

Premetto la mia totale ostilità contro l'arte contemporanea, soprattutto quella concettuale. Datemi della medievista incallita, ma per me, l'espressione artistica ha in sè una sacra correlazione con il fare quasi artigianale, con la conoscenza e manipolazione dei materiali (unione inscindibile di Forma e Sostanza). Non voglio dire che per molti artisti contemporanei non sia così, però è questa pretesa di cripticità, che spesso nasconde una faciloneria e voglia di stupire a tutti i costi ad essermi insopportabile. Nel caso di Piero, che per intenderci è quello della "merda di artista" (e degli sconcertanti happening)il discorso non cambia. Lo definirei un acuto intellettuale votato all'espressione pratica, piuttosto che artista. Etimologicamente non sembra sbagliato il termine, allora perchè mi suona tanto stridente? Chi è l'artista oggi? Dove è andata a finire la democratica comunicazione su più livelli concettuali? Perchè oggi sembra che sia l'uomo stesso la sua più grande opera d'arte e non ciò che produce? Il consumismo capitalistico ci ha mutati geneticamente tanto da renderci degli individualisti ad oltranza, ognuno con un proprio linguaggio personale? Perchè la critica oggi mi sembra una gara a chi capisce o finge di capire le astrusità del primo scemo che arriva e ci presenta uno squarcio sulla tela pretendendo di rappresentare la caducità della vita? Questo tipo d'arte è sicuramente figlia del nostro tempo, del bisogno di venir compresi, non tanto del voler proporre delle soluzioni o delle visioni, solo del venir compresi. Temo che si debba questa sorta di regressione al mutamento dell'uomo, alla sua graduale sfiducia ed abulia nei confronti del mondo. Siamo tutti figli dell'Uomo senza qualità novecentesco, di quella nave allo sbando che consapevole del non Senso ha rinunciato anche alla ricerca? Sono lontani i tempi in cui la forma procedeva di pari passo con la sostanza. Credo di essere un pò confusa forse e non voglio convincere nessuno, solo intavolare delle discussioni costruttive, per capire ciò che evidentemente il mio gusto non vuol capire: La puerile provocazione, piuttosto che una più matura libera espressione delle verità raggiunte! Tornando a Manzoni, su di lui si può dire che va ad inserirsi nella tradizionale linea che, inaugurata dai dadaisti, giunge fino al maestro Lucio Fontana (quello delle tele tagliate), per poi arrivare agli odierni Kunellis,Fabro, Baselitz, Morris e Struth (Riuniti tutti in una interessante mostra, intitolata Forme per il David: contributo sulla crisi della forma, tenutasi a Firenze nel 2004...Per capire il trend generale date un occhio al catalogo se vi capita!). Per quanto riguarda lo "Zoccolo del mondo" il problema della sua interpretazione è il medesimo di tutta l'arte contemporanea, ovvero, la paura di fraintendere. Questo imbarazzo che assale me, come molti altri, credo sia dovuto al fatto che non esiste la certezza della giusta interpretazione, a meno che non si conosca quella dell'artista, intendo dire che non conoscendo abbastanza il pensiero artistico di Manzoni, potrei finire per stravolgere le sue intenzioni, cosa che un tempo non accadeva(perlomeno non per chi poteva possedere determinate chiavi di lettura e chi non le possedeva, aveva comunque la possibilità di godere di una intrinseca bellezza dll'opera forse superficiale, ma decisamente inconsueta per il giorno d'oggi). Forse a molti piacerà un ritagliarsi l'arte a misura, intendendola liberamente come si vuole, ma dal mio punto di vista questo è un sacrilegio,se vogliamo infrangere le regole interpretative, prima dobbiamo conoscerle e farle nostre, dappoi si può procedere anche con un proprio giudizio personale che contribuirà alla riattualizzazione dell'opera, sempre badando però a non incappare nel revisionismo!

Nota di Servizio: Per chi ha intenzione di saperne di più su queste tendenze artistiche, segnalo la Retrospettiva "Luce e Colore" a palazzo Ducale a Genova su Lucio Fontana! Per quelli come me, che mai pagherebbero per vedere opere contemporanee, ma che non rinunciano a capire, dico solo che il biglietto è cumulativo e valevole sia per la visita alle Gallerie di Palazzo Rosso e Palazzo Bianco, sia alla mostra tributo su De Andrè!

Artax ha detto...

@LaRanaCattiva. Non mi sembra però si sia molto parlato dell'opera, credo tu non abbia detto nulla neanche sull'autore. Insomma a parte dire che a te non piace, perché la ritieni intellettualistica e Antiform, non sei scesa nello specifico. Tranne nel dire che c'è un imbarazzo interpretativo di fronte a tali opere.
Se però vogliamo fare un discorso generale, la domanda da farsi credo sia legata al chiedersi perché e da dove è nata l'arte non figurativa, che cosa ha portato al suo formarsi.
Siamo sicuri che sia così criptica l'arte contemporanea? Forse in parte, qualche corrente più di qualche altra. Forse un po' lo è quest'opera, ma non direi neanche tanto.
Io credo che se c'è un problema, se vogliamo chiamarlo "problema", nell'arte contemporanea è che essa tendendo a superare quasi completamente la mediazione toglie la possibilità al fruitore di assistere all'opera tutt'intera, tutta lì e immutabile, si limita la possibilità di poterne trovare tutte le compromissioni, le relazioni, semplicemente assistendo dall'esterno. Quindi ogni opera diviene testimone non unico e mai sufficiente di un percorso, estrapolata dal contesto essa perde gran parte del suo senso, ma ciò è solo in relazione al fatto che si tende al superamento della mediazione.
Personalissimamente, quindi al di là del fatto che ritengo il percorso dell'arte in generale fondato su un percorso umano da cui non si può prescindere, trovo che siano meravigliosamente stimolanti e piene di contatti inimmaginabili queste opere.

segnosulmuro ha detto...

Come LaRanaCattiva mi sono accostato poco,male e malvolentieri all'arte concettuale..non direi che il "nostro" Manzoni sia proprio uno sconosciuto..anzi..ancora ho delle reminiscenze della MERDA D'ARTISTA..banalmente perchè non sono un critico d'arte e neanche parente posso dire si,è fulminante l'idea dello zoccolo capovolto a dire: ecco l'opera d'arte,è la terra!!ed è così vero e micidiale e bello come concetto che solo per questo Manzoni ha la mia stima e ammirazione,sono un pò meno daccordo invece sulla vera funzione della sua arte che forse da reazionario fatico a definire tale,non sono convinto che una scarpa,una scatola,un qualsiasi oggetto possa elevarsi allo stato di opera artistica solo per il semplice fatto di averlo pensato e detto,credo che l'arte sia qualcosa di più e che debba stimolare lo spettatore a dei livelli più profondi del semplice stupore..ma questa è accademia e non ho abbastanza strumenti per portare avanti questo pensiero..cmq bella l'idea della rubrica..mi piace!

Artax ha detto...

Felicissimo della buona accoglienza della proposta-rubrica...ovviamente non sono io soltanto a tenere la rubrica, chiunque voglia, può proporre delle opere...

@Segnosulmuro. Grande occhio. Anche a me è piaciuta un sacco l'idea quando l'ho vista. Per quanto riguarda la funzione dell'arte, non è che non sia d'accordo e non è che tutta l'arte contemporanea sia così...Manzoni è figlio del suo tempo, ma ha portato avanti proposte e idee che parlano moltissimo anche a noi...comunque è difficile inquadrarlo solo con Merda d'artista e Lo zoccolo del mondo...vedremo se riuscirò a proporre qualcos'altro magari portando avanti un discorso, per adesso non credo di esserne in grado, ma chissà!!!:)

LaRanaCattiva ha detto...

Credo di aver dato più informazioni di quelle lette nel post, Artax...Nel senso che tu da buon liberale, hai schiaffato un'opera d'arte, per di più contemporanea, senza neppure dare degli strumenti per comprenderla a chi, evidentemente, non conosce il lavoro di Manzoni...Mi sembra un pò pretenzioso inaugurare una rubrica del genere,supponendo con leggerezza un background culturale di chi legge; non è così scontata la conoscenza non banalizzata di Manzoni, lo ammetti tu stesso. Sarebbe più costruttivo la prossima volta proporre un'opera dandone anche una sommaria descrizione, alludendo ovviamente, magari non dandone nell'immediato la propria lettura,da lasciare al confronto che si avvierà nello spazio dedicato ai commenti. Comunque lasciando da parte questi consigli "gestionali", mi ricollego al discorso sulla mediazione. E' davvero meno mediata l'arte contemporanea? Ne siamo sicuri? Io trovo che il linguaggio utilizzato, così personale, sia paradossalmente più mediato di quello tradizionale, usato in opere mimetiche. Credo, infatti, che non sia affatto semplice comprendere, come nel caso dello "Socle", che quel freddo cubo di bronzo sia una delle cosiddette "Basi magiche" care all'artista, che quella scritta al contrario, sia lì per suggerirci quale sia veramente l'opera d'arte che vi si poggia! Per molti neofiti ben poco servirà sapere che la dedica della base di Harning sia a Galileo per leggere l'opera! Mettendomi nei panni di un ipotetico lettore medio, poco avvezzo all'arte, la sensazione che mi lascia la prima visione è un enorme punto interrogativo,solo dopo aver recuperato delle informazioni interpretative basilari, posso eventualmente esclamare:"Beh, tutto sommato 'sto Manzoni non era così cretino!E' geniale e provocatorio sottolineare che oggi diventa arte tutto ciò che una qualche autorità (artista) definisce tale, mettendola sul piedistallo!". Il messaggio che voglio far passare è quanto sia mediata in realtà un'arte che non può fare a meno di una spiegazione e quanto sia a suo modo soggetta ad interpretazioni multiple e forse sbagliate...ma questa è forse una volontà inconscia dell'arte d'oggi(concetto che magari approfondirò più avanti). Dirò molto di più secondo me non può neppure avvalersi di una pretesa di universalità, perchè strettmente legata, nel caso specifico delle Basi, ad un momento, all'happening, all'istante in cui un elemento esterno ad essa la fa diventare arte (finchè qualcuno o qualcosa non si erge su di essa, questa rimane uno sterile cubo metallico!). Questa non sarebbe mediazione? In realtà, forse tutto è arte all'infuori di essa, che si fa solo veicolo, magico traduttore del reale, non so!Straordinario il gancio che suggerisce Segnosulmuro sull'accademicità e sul sentire, perchè davvero, anche io ricerco nell'arte qualcosa di profondo che tocchi delle corde intime, che mi faccia capire qualcosa in più di me e del mondo che mi circonda e non è detto che questa sensazione mi colpisca solo di fronte ad opere accademiche, anzi, spesso è la prepotenza dell'antiaccademicità a farmi vibrare!Come al solito ho scritto tanto e detto niente, vediamo se alla prossima riuscirò ad avere delle risposte sui tanti quesiti che mi ronzano in testa!

Artax ha detto...

@Gegio. Grazie per l'invito. Credo da parte di tutti

Luciano ha detto...

Non voglio entrare nel merito della questione, né elogiare o ripudiare l'opera di Manzoni, ma solo testimoniare l'intenso impatto emotivo dell'arte concettuale sul "mio corpo". Eppure l'arte concettuale in genere è un'arte dell'idea, un'arte che pone in primo piano la mente. Ma a pensarci bene, senza nulla togliere al duro lavoro dell'artista (ad esempio un artigiano che trasforma la materia), l'idea è alla base anche del lavoro più manuale (Michelangelo che scolpisce il David) solo che l'arte concettuale pone l’idea su un gradino più alto del risultato estetico. L’arte come vita, l’arte come performance, azione, costruzione in fieri supportata dal rapporto mentale (ma secondo me anche corporale) con il pubblico. Per adesso mi fermo qui ;)

LaRanaCattiva ha detto...

Esatto...L'arte concettuale pone l'Idea al centro della sua espressione, tralasciando quasi totalmente la resa estetica, il problema è che, così facendo, si lascia a chi guarda un senso di spaesamento. Non tutti possono avere un godimento concreto ed immediato di fronte a opere del genere, proprio per il linguaggio egoistico utilizzato. Questo credo abbia una correlazione diretta anche con l'aspetto politico (inteso alla greca) che l'arte non ha più...E' come se si fosse perso un costruttivo senso di appartenenza (anche culturale), capace di migliorare la società circostante: l'artista oggi chiede di essere accolto dalla società senza neppure sforzarsi per la società (non dico che il Bello, il Buono, il Vero, debbano coincidere sempre con un linguaggio finito e classico, anche l'anticlassico è riuscito perfettamente ad incarnare questi valori); questo essere mitologico,attorniato da un'aura di intelligenza sopraffina e sardonica ironia, non fa altro che ricercare spiriti affini che lo possano supportare nelle sue convinzioni, tacciando di stupidità chiunque gli faccia notare l'infantilismo congenito di questo atteggiamento. Una manica di infelici bambini bloccati alla fase orale del loro processo di crescita (Manzoni è più evoluto, effettivamente, essendosi fermato a quella anale); perchè non tentare invece di cambiare la società attraverso la propria arte? Troppa fatica, troppa responsabilità, o forse troppa paura di continuare a non essere compresi nonostante lo sforzo? Secondo me è inutile essere criptici traduttori e mai propositivi costruttori, ma forse la colpa è da imputarsi al mutamento della percezione della figura stessa dell'artista: da professionista a vuoto status sociale.......

Luciano ha detto...

L'opera di Manzoni è da considerare soltanto "sfiorata" dall'arte concettuale. A parte la sua adesione al movimento dei Nucleari, si può considerare (per lo meno in certe sue opere) accostabile al New Dada, movimento che recupera (ma solo in parte) il concetto di ready-made, un comune manufatto di uso quotidiano decontestualizzato dall'artista. Anche qui vi è prassi concettuale (porre il manufatto nell'opera d'arte) ma secondo me il clou, il massimo sviluppo di questa forma, si ha con il tentativo di "abbandonare" l'oggetto per approdare ad altre "strutture" (Body art, Land art). Per me la Land Art in particolare rappresenta l'apice delle avanguardie e della ricerca artistica prima del "riflusso" anni ottanta (potremmo dire "reganiano"?) portato avanti soprattutto dalla Transavanguardia (almeno in Italia). La Land Art definisce in profondità il rapporto del pensiero (delle forme e della narratività prodotte dalla nostra mente) con la natura (l'azione anche ecologica sul paesaggio), quindi allontanamento dall'oggetto e soprattutto dalla mercificazione dell'oggetto (in fondo l'arte si vende). Ovviamente ognuno ha i suoi gusti, si relaziona con le opere in modo differente e questo è positivo, come è positivo che l'arte non debba per forza piacere, perché ad esempio io apprezzo e "gusto" anche l'arte che non mi piace (o che "politicamente" mi allontana). Inoltre riferendomi ai valori estetici di Bello, Vero e Buono bisogna tener conto che l'arte non può trascurare i "segni" prodotti dal mondo e quindi non può rifiutare di “relazionarsi” con il Brutto, il Falso e il Cattivo, valori-disvalori che l'arte deve fare propri e proporre come ulteriori (e a pieno titolo) componenti dell'immagine proiettata dal pensiero sul mondo. Cambiare la società tramite l'arte è un proposito encomiabile, ma non è detto che via sia forma artistica più idonea di altre adatta a svolgere questa operazione. Forse un’arte che prediliga una mera "riproduzione" del reale ha più possibilità di cambiare il mondo? La libertà espressiva dell'artista non è forse un tentativo (anche se infinitesimale ma comunque non omologabile) di cambiare qualcosa? Allora cosa dire della committenza? Forse l'opera di Velázquez, di Michelangelo ecc. non è da tenere in considerazione perché finanziata dal potere? Il rapporto anche servile tra arte e potere si perde nella notte dei tempi arrivando fino ai nostri giorni. Ma questo è un problema "politico", non estetico, né tantomeno semiotico. L'uomo che ospita l'artista inoltre può essere (e spesso è) “odioso”, con atteggiamenti indegni, o servile, o politicamente impegnato o simpatico o ricco o povero, ma è l'artista che a me interessa. Le opere che mi emozionano di più sono state spesso create da uomini meravigliosi ma anche da uomini pessimi (almeno usando un metro acritico che non tiene conto delle esigenze storiche). Ad esempio Caravaggio non era un uomo aggressivo e violento? L'arte non si coniuga con la bontà o l'impegno politico. Non dovrebbe essere lo specchio del mondo (come invece afferma Lukács) ma una speranza per il mondo.

Artax ha detto...

@Luciano. Grazie per l'intervento, molto esaustivo. Ti ringrazio inoltre per aver allargato il discorso molto vago, arte contemporanea, ad altri fenomeni artistici, come la land art, che ne fanno parte e che legittimano una riflessione più attenta al ruolo che l'arte ha rispetto alla propria tradizione e rispetto alla società contemporanea.

@ Chiunque. Come ha espresso Luciano, il fulcro dialettico tra forma dell'espressione e atto-materia, probabilmente raggiunge con la land art nelle accezioni di pensiero e natura, un apice o un punto più avanzato, si compie un'ulteriore passaggio verso una de-fascinazione dell'oggetto e non per una semplice forza di rigetto, propria delle ondate di minimalismo, ma per un "eroico furore" creativo. Ma quanto comunque questi artisti devono a figure come Joseph Beuys, Ives Klein? Quanto all'arte povera? Se il problema non è più legato alla mercificazione, se ci si è sciolti da questo male come fosse un' IPOCONDRIA (ossia una suggestione legata al rapporto dialettico-conflittuale tra il bisogno di sentirsi malati, per ciò che concerne la stato psicologico dell'accudito nella somma di gesti superflui [sovrabbondanza consumistica] e la paura del male stesso [reificazione, automatismo dell'impotenza]), perché negare alle bambole di Murakami come questo Goku, di far parte di ciò che abbiamo deciso di chiamare "arte", avendo un modo di espressione affine a quello della Pop-art ma radicalizzandosi nell'allontanarsene, cioè non recuperando la merce come feticcio, ma assumendola come "crogiolo sensoriale", anche se in questo caso solo iconico, di comuni emozioni (erotismo, giocosità, ironia, Kawai=tenera infantilità). Certo può apparire provocatorio, forse ancor più a noi occidentali, ma intercetta anche quella improvvisa variazione emotiva che Proust aveva morsicando una madeleine e che io vivo imbattendomi per caso in una costruzione lego; sicuramente con una nota diversa, legata all'infanzia come ad un periodo della vita che nella sostanza denota profonde differenze rispetto a più di un secolo fa, ma non così diverso come richiamo emotivo.
Il mio è uno spunto di riflessione e di dialogo, nato dai commenti e non in contrasto da quanto detto da Luciano, visto che anche il mio personale gusto si avvicina molto più alla land art...ma il mio discorso nasce dal bisogno di spostare l'attenzione su come i nostri giudizi a volte siano carichi di zavorre categoriali che crediamo fondate...forse sarebbe da tematizzarle in un'opera a loro volta...un'opera su come si sia legati, attraverso un affetto quasi parentale, uno stato psicologico da legame genitoriale (Frued ne avrebbe da dire!), con le categorie che ci vengono lasciate in eredità...una nostalgia verso uno stato "trascorso" che ci ha dato delle immagini e forse ci lasciato il falso credo che ciò che esprimono sia legato solo ad esse.

P.S. Scusate la poca chiarezza e il modo vago dell'esposizione, mi sono lasciato prendere dai pensieri.