giovedì 11 febbraio 2010

Lourdes, film di Jessica Hausner




Titoli di testa. Tra le scritte che scorrono d'improvviso si legge: "UAAR Unione degli Atei e Agnostici razionali" (credo dei finanziatori o promotori del progetto, mi sono perso cosa c'entrassero). Risatine in sala. Probabilmente tutti ci aspettavamo un film caustico, che sapesse svelare fino in fondo tutte le contraddizioni religiose, che dichiarando la propria prospettiva laica avallasse con tutto il rigore dell'ironia, del ribaltamento umoristico del messaggio, le nostre fragili sicurezze da non credenti. Fossi stato un cattolico, non so se sarei andato al cinema per vederlo, forse sarei stato ad ogni modo incuriosito, ma certo mi sarei mosso con cautela.
Ciò che invece a mio parere scorreva sullo schermo, mentre ero lì e assistevo, era un film profondamente religioso. Religioso benché laico, caustico, ironico, certamente anche cinico. Questa dichiarazione appare evidentemente contraddittoria, ma non voglio sviluppare un discorso per spiegarmi, credo che i pochi aggettivi che ho usato arrivino più direttamente alla sensibilità di ognuno o almeno alla sua curiosità, così senza argomentazione.
Questo film è un'opera, sviluppato come un trattato, avviluppato ad una storia, trascende come ogni storia narrata la rigidità di un trattato. Ciò che infine appare chiara sempre illuminata, sempre al centro e inevitabile è la condizione umana.
Tutta l'espressione è data attraverso una fotografia impeccabile e una regia asciutta e piena di senso, così come l'ottima prova dell'attrice protagonista (Sylvie Testud) o la descrizione di personaggi che se anche per alcuni solo abbozzata, non induce mai a pensarli privi di una propria storia o di un propria personalità, mai quindi solo macchiette o funzioni narrative. Eppure allo stesso tempo, quei personaggi stessi attraverso il loro rappresentare dei tipi, rendono l'evidenza paradossale della realtà di Lourdes e la drammaticità di quell'evidenza.
Concludo, oltre che consigliandolo fortemente, azzardando un accostamento, credo che per certi versi l'imparzialità dello sguardo e il coraggio narrativo possano ricordare Freaks di Tod Browning (1932), dove l'anormalità non è considerata mai attraverso un punto di vista pietistico e buonista, ma ricondotta alla sua componente umana, avvicinata alla condizione dell'uomo, quindi nel suo potersi caratterizzare anche come crudele o ipocrita.
Del resto un film così ben fatto, su un tema di questo tipo, non può che aprire ad innumerevoli discussioni e temi. Difficile e forse limitante e pretestuoso attenersi ad un discorso sul solo film e non lasciarsi ad una riflessione aperta.

2 commenti:

Luciano ha detto...

Purtroppo devo ancora vederlo. Spero di recuperarlo in qualche rassegna estiva.

Anonimo ha detto...

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