martedì 5 gennaio 2010

Brothers di Jim Sheridan

BROTHERS

"Brothers" di Jim Sheridan è il remake americano di un film danese che si intitola "Non desiderare la donna d'altri", non volendomi intrattenere sul ruolo dei remake americani nel cinema contemporaneo, ho deciso di scrivere qualcosa su QUESTO film dopo aver letto in tante salse della sua inutilità e banalità (a parte l'unanime parere sulla bravura degli attori: Tobey McGuire, Jake Gyllenhaal e Natalie Portman)e non avendo visto l'originale.
In soldoni il plot del film ruota intorno alle figure dei due fratelli: l'uno scapestrato, ma che durante l'assenza del fratello lo "sostituisce" simbolicamente in famiglia, l'altro, orgoglio paterno, che parte per la guerra in Afghanistan e viene dato per morto ma da cui farà ritorno molto cambiato nel fisico e nella mente. Nel mezzo si inserisce il ruolo della moglie del soldato che esperisce il sentimento della perdita e trova conforto nel dolore comune con il fratello(inizialmente odiato) del marito e anche nell'aiuto che questi cerca di dare in casa con le due figlie piccole di lei.
La trema di fondo di "Brothers" seppur semplice e banalotta rimanda a concetti e sentimenti cari al cinema di stampo statunitense come il sentimento di straniamento del reduce che vittima di una "perdita del prima" nel ritorno agli affetti non riesce più a giostrarsi e sperimenta sentimenti di estraneità a quello stesso prima che lo aveva caratterizzato fino al momento della partenza per la guerra. Ciò accade similmente agli occhi della famiglia che non riconosce più il marito, il fratello e il padre in una sorta di doppio misconoscimento della famiglia verso di lui e viceversa.
Si creano a questo punto dei cortocircuiti emotivi su quello che si crede e quello che è la realtà delle cose e delle relazioni; ed è in questo la forza del film, sia attraverso le mani sapienti del regista mai banale nelle sue scelte seppur mantenendo scelte di rigore e classicità, sia degli attori veramente credibili nel suggerire stati emotivi che straziano l'animo di chi si trova a combattere una guerra, non reale come l'Afghanistan, ma allo stesso modo lacerante nella sua connotazione data dal non riconoscersi più.
Non so se questo film sia migliore o peggiore dell'originale, credo però che sia un buon film, di certo non un capolavoro, ma un ottimo film con spunti ammirevoli per un lungometraggio che non pretende analisi sociologiche o psicologiche e quindi ancora più apprezzabile nel farci riflettere su determinate tematiche lasciandoci l'ardire di pensare con la nostra testa.

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