venerdì 22 gennaio 2010

Avatar salverà il cinema?


















Avatar salverà il cinema? Con questa domanda in testa sono entrato e poi uscito dalla sala cinematografica in cui ho visto il film senza trovarvi risposta...sono giunto però alla conclusione che Avatar rimarrà a onor del merito o demerito un'opera fondamentale della storia del cinema contemporaneo.
Il film si regge su una funambolica sceneggiatura che non ha molta originalità, ma al contempo forte della sua semplicità coinvolge lo spettatore sia intellettualoide sia il bimbetto di 6 anni e questo a Cameron va riconosciuto.
Il regista cita e si cita in continuazione, l'occhio attento avrà reminiscenze delle atmosfere di Apocalypse Now e Balla coi lupi o New Word di malikiana memoria; il tutto in salsa edulcorata e un tantino disneyana ma non per questo priva di fascino. Cameron rispolvera la mai abbastanza apprezzata Sigourney Weaver regalandole uno dei personaggi più belli della pellicola; una ricercatrice che per anni ha studiato il popolo Na'vi e che ha sviluppato la tecnologia per costituire gli Avatar, ossia il fulcro da cui si svilupperà tutta la storia. I Na'vi, veri protagonisti, sono un popolo selvaggio e vivono su un pianeta, Pandora, in armonia con la natura al punto di aver stabilito una connessione biologica tale, da collegarsi letteralmente attraverso la propria coda di capelli agli animali e alle piante del loro pianeta stabilendo una condizione di non discontinuità tra loro e il mondo che li circonda impensabile agli umani; e qui sta' il messaggio ecologista dl Cameron forse grossolano, ma di sicura efficacia e poi il parallelo tra la connessione dei computer è di facile lettura, ma di certo fascino.
Non racconterò tutta la storia, ma ho dato solo degli accenni per far capire la complessità del film che nonostante la sceneggiatura o forse meglio il plot abbastanza scontato ha dei punti di effetto molto buoni e riusciti.
Un discorso a sè è da fare sul 3D: appena si apre la prima scena sono rimasto a bocca aperta per la profondità di campo in cui ero immerso, ci si trovava(anche noi spettatori)fisicamente presenti in quella stanza di un laboratorio scientifico, è stata un'esperienza davvero entusiasmante e in quel momento mi sono detto: "Cameron sei un gran figlio............!!!"
Il Nostro ha lavorato anni a questa nuova tecnologia del 3D che probabilmente è ancora da sviluppare, ma si capisce da subito la potenzialità di questa nuova tecnica di ripresa data dalla telecamere a doppio obiettivo inventata da Cameron che, grazie a questo stratagemma, dà la percezione della visuale dei nostri occhi e quindi una profondità che non si era mai vista prima. Le ambientazioni di Pandora con il supporto del 3D che gli sviluppatori hanno messo appunto meriterebbero un Oscar da sole, queste piante di ogni tipo psichedeliche e lisergiche o la fauna che respira dal collo sono delle chicche divertentissime.
Avatar è un film che va sicuramente visto, che può piacere o meno , ma che di certo non lascia indifferenti e già in questo Cameron ha vinto la sua sfida.
In più aggiungerei che le metafore antimilitariste e il richiamo anticolonialista che tanti hanno bollato come scontati e superflui non fanno mai male a rimandarci alle ultime guerre e giustamente alla "banalità del male" (uno dei cattivi ad un certo punto dirà: "Combatteremo il terrore con il terrore!" rinfrescandoci la memoria sulla guerra preventiva inventata da W. Bush) che è non a torto macchiettistico il male nel film perché, purtroppo è vero che certe mentalità non si fermano a riflettere e non sono prese da dubbi esistenziali altrimenti non accadrebbe ciò che succede tutti i giorni e questo Cameron l'ha capito al contrario di tanti benpensanti critici con la puzza sotto il naso.

giovedì 7 gennaio 2010

Top Ten Film 2009


























Dicono che le classifiche aiutano i blog ad aumentare i contatti..ebbene..perchè non provarci..dunque a mio insindacabile giudizio e senza nessuna competenza specifica, ma solo di gusto squisitamente personale, stilerò una classifica dei film che in quest'anno trascorso mi hanno comunicato qualcosa..ah naturalmente non ho visto tutti i film usciti ne 2009, non sono mica la famiglia Morandini!!! Valuterò tra quelli da me visionati, si accettano insulti, querele e anche commenti con le proprie classifiche!!Ciao e Buon Anno a tutti..in ovvio ritardo!


  1. Antichrist
  2. District 9
  3. A Serious Man
  4. Gli Abbracci Spezzati
  5. Up
  6. Lo Spazio Bianco
  7. Brothers
  8. Motel Woodstock
  9. Chéri
  10. Il Mio Amico Eric
  11. Star Trek

martedì 5 gennaio 2010

Brothers di Jim Sheridan

BROTHERS

"Brothers" di Jim Sheridan è il remake americano di un film danese che si intitola "Non desiderare la donna d'altri", non volendomi intrattenere sul ruolo dei remake americani nel cinema contemporaneo, ho deciso di scrivere qualcosa su QUESTO film dopo aver letto in tante salse della sua inutilità e banalità (a parte l'unanime parere sulla bravura degli attori: Tobey McGuire, Jake Gyllenhaal e Natalie Portman)e non avendo visto l'originale.
In soldoni il plot del film ruota intorno alle figure dei due fratelli: l'uno scapestrato, ma che durante l'assenza del fratello lo "sostituisce" simbolicamente in famiglia, l'altro, orgoglio paterno, che parte per la guerra in Afghanistan e viene dato per morto ma da cui farà ritorno molto cambiato nel fisico e nella mente. Nel mezzo si inserisce il ruolo della moglie del soldato che esperisce il sentimento della perdita e trova conforto nel dolore comune con il fratello(inizialmente odiato) del marito e anche nell'aiuto che questi cerca di dare in casa con le due figlie piccole di lei.
La trema di fondo di "Brothers" seppur semplice e banalotta rimanda a concetti e sentimenti cari al cinema di stampo statunitense come il sentimento di straniamento del reduce che vittima di una "perdita del prima" nel ritorno agli affetti non riesce più a giostrarsi e sperimenta sentimenti di estraneità a quello stesso prima che lo aveva caratterizzato fino al momento della partenza per la guerra. Ciò accade similmente agli occhi della famiglia che non riconosce più il marito, il fratello e il padre in una sorta di doppio misconoscimento della famiglia verso di lui e viceversa.
Si creano a questo punto dei cortocircuiti emotivi su quello che si crede e quello che è la realtà delle cose e delle relazioni; ed è in questo la forza del film, sia attraverso le mani sapienti del regista mai banale nelle sue scelte seppur mantenendo scelte di rigore e classicità, sia degli attori veramente credibili nel suggerire stati emotivi che straziano l'animo di chi si trova a combattere una guerra, non reale come l'Afghanistan, ma allo stesso modo lacerante nella sua connotazione data dal non riconoscersi più.
Non so se questo film sia migliore o peggiore dell'originale, credo però che sia un buon film, di certo non un capolavoro, ma un ottimo film con spunti ammirevoli per un lungometraggio che non pretende analisi sociologiche o psicologiche e quindi ancora più apprezzabile nel farci riflettere su determinate tematiche lasciandoci l'ardire di pensare con la nostra testa.

Storia di un impiegato, n.4




Il Bombarolo

Chi va dicendo in giro
che odio il mio lavoro
non sa con quanto amore
mi dedico al tritolo,
è quasi indipendente
ancora poche ore
poi gli darò la voce
il detonatore.

Il mio Pinocchio fragile
parente artigianale
di ordigni costruiti
su scala industriale
di me non farà mai
un cavaliere del lavoro,
io sono d'un'altra razza,
son bombarolo.

Nello scendere le scale
ci metto più attenzione,
sarebbe imperdonabile
giustiziarmi sul portone
proprio nel giorno in cui
la decisione è mia
sulla condanna a morte
o l'amnistia.

Per strada tante facce
non hanno un bel colore,
qui chi non terrorizza
si ammala di terrore,
c'è chi aspetta la pioggia
per non piangere da solo,
io sono d'un altro avviso,
son bombarolo.

Intellettuali d'oggi
idioti di domani
ridatemi il cervello
che basta alle mie mani,
profeti molto acrobati
della rivoluzione
oggi farò da me
senza lezione.

Vi scoverò i nemici
per voi così distanti
e dopo averli uccisi
sarò fra i latitanti
ma finché li cerco io
i latitanti sono loro,
ho scelto un'altra scuola,
son bombarolo.

Potere troppe volte
delegato ad altre mani,
sganciato e restituitoci
dai tuoi aeroplani,
io vengo a restituirti
un po' del tuo terrore
del tuo disordine
del tuo rumore.

Così pensava forte
un trentenne disperato
se non del tutto giusto
quasi niente sbagliato,
cercando il luogo idoneo
adatto al suo tritolo,
insomma il posto degno
d'un bombarolo.

C'è chi lo vide ridere
davanti al Parlamento
aspettando l'esplosione
che provasse il suo talento,
c'è chi lo vide piangere
un torrente di vocali
vedendo esplodere
un chiosco di giornali.

Ma ciò che lo ferì
profondamente nell'orgoglio
fu l'immagine di lei
che si sporgeva da ogni foglio
lontana dal ridicolo
in cui lo lasciò solo,
ma in prima pagina
col bombarolo.

Il percorso di "trans-formazione" dell'impiegato in Bombarolo è compiuto. La parola "trans-formazione" racchiude molti dei piani di senso che il testo della canzone, apparentemente semplice, in sé contiene. Per prima cosa "trans" sta per "attraversamento", tale appare essere quello compiuto dall'impiegato nelle varie fasi: prima nel riconoscimento di una situazione che sentiva riguardarlo e che stava mutando il modo in cui interpretava le proprie insoddisfazioni; poi nei sogni che sancivano un più profondo rapporto tra ciò che accadeva fuori, che si richiamava ad una nuova coscienza e ad una nuova morale, e la propria coscienza così compromessa nell'oscillare tra l'inganno dell'istintività espressione di rapporti di forza e la volontà di una liberazione che scardini i meccanismi di potere.
Quindi anche un percorso di "formazione", ovvero esperienze che concorrono a cambiare la personalità del protagonista e lo "educano" ad un diverso sistema di valori. E' interessante notare come già è palpabile un sentore di sconfitta, di fallimento, che si incardina proprio nel percorso di formazione, dove i mezzi per uscire dalle dinamiche di potere appaiono essere gli stessi del potere: quindi una formazione alla libertà (dalla violenza) che è al contempo un'anti-formazione perché è una formazione proprio alla violenza. Tutto viene espresso con i toni grotteschi di una descrizione ironica delle circostanze: il bombarolo che ha paura di farsi esplodere sulle scale di casa, che nell'ansia di scegliere il bersaglio fa saltare invece un chiosco di giornali.
"Trasformazione" perché certo avviene un mutamento dalla remissività alla reazione, ma anche attraverso un spinta ossessiva che è una spinta d'urgenza diviene evidente la necessità di cambiare una realtà opprimente. E benché l'oppressione si riveli insita proprio nei modi in cui si sviluppano le situazioni umane e figlia quasi della propria mano, pare inarrestabile la corsa a quella disfatta per la convinzione che è meglio liberarsi dell'ipocrisia e affermarsi totalmente in un'azione.
Ogni strafa della canzone, attraverso un lieve tono parodico, produce il ribaltamento dell'eroe, esponendo il parossismo che si è impossessato dei suoi pensieri benché pienamente giustificato ai nostri occhi (o orecchie) dopo gli accadimenti descritti nelle altre canzoni. Così nelle prime strofe il bombarolo irride coloro che rappresentano la società. Coloro che credono che odi il suo lavoro, qui c'è già un'indicazione di come sia cambiato l'impiegato che all'inizio del disco si preoccupava del proprio comportamento sul posto di lavoro. Coloro che rappresentano l'istituzione del lavoro con onorificenza, simboli di un sistema di sfruttamento e arrivismo. Coloro che sono rassegnati al proprio vivere oppresso e portano avanti il sistema più o meno consapevolmente. Coloro che che da intellettuali "della rivoluzione" non fanno che confermare il potere vigente conservando intatta così anche la propria posizione, senza agire. La foga semifolle del bombarolo sta nell'ambiguità della richiesta di avere restituito dagli intellettuali solo il pezzo di cervello che serve per la manualità della fabbricazione di un ordigno, quasi una confessione della propria confusione, dell'aver assunto anche posizioni assimilate dall'esterno e della propria ingenuità nel criticarle di astrazione: "Vi scoverò i nemici per voi così distanti". Infine i rappresentanti del potere la cui manifestazione maggiore è la guerra. Così pensava il bombarolo e così arriva il momento di inserire l'ultima figura importante per l'intimità e la descrizione a tutto tondo del protagonista, ossia la donna amata o forse anche moglie, che già evocata nella canzone del padre, entra in scena nell'ovvia conseguenza del fallimento dell'attentato: Lei viene intervistata e appare assieme alla foto del bombarolo su tutte le prime pagine dei giornali, approfittando della visibilità e rinnegando il bombarolo lasciato da solo alle conseguenze del suo folle gesto. L'amore che benché paia secondario è uno dei sentimenti principali che attraversa tutto il disco, che si incarna nella figura di Lei e che è motore del complicarsi di rapporti, pensiamo alla canzone del padre dove è proprio la rivelazione a se stesso che i propri sentimenti genuini possano divenire forme di situazioni che nascondono ipocrisie e rancori: la moglie che lo tradisce, il figlio senza prospettive ecc., che scuote l'animo dell'impiegato. L'amore o il rapporto con Lei diviene tema principale della canzone successiva.


Verranno a chiederti del nostro amore

Quando in anticipo sul tuo stupore
verranno a crederti del nostro amore
a quella gente consumata nel farsi dar retta
un amore così lungo
tu non darglielo in fretta

non spalancare le labbra ad un ingorgo di parole
le tue labbra così frenate nelle fantasie dell'amore
dopo l'amore così sicure a rifugiarsi nei "sempre"
nell'ipocrisia dei "mai"

non sono riuscito a cambiarti
non mi hai cambiato lo sai.

E dietro ai microfoni porteranno uno specchio
per farti più bella e pesarmi già vecchio
tu regalagli un trucco che con me non portavi
e loro si stupiranno
che tu non mi bastavi,

digli pure che il potere io l'ho scagliato dalle mani
dove l'amore non era adulto e ti lasciavo graffi sui seni
per ritornare dopo l'amore
alle carenze dell'amore
era facile ormai

non sei riuscita a cambiarmi
non ti ho cambiata lo sai.

Digli che i tuoi occhi me li han ridati sempre
come fiori regalati a maggio e restituiti in novembre
i tuoi occhi come vuoti a rendere per chi ti ha dato lavoro
i tuoi occhi assunti da tre anni
i tuoi occhi per loro,

ormai buoni per setacciare spiagge con la scusa del corallo
o per buttarsi in un cinema con una pietra al collo
e troppo stanchi per non vergognarsi
di confessarlo nei miei
proprio identici ai tuoi

sono riusciti a cambiarci
ci son riusciti lo sai.

Ma senza che gli altri non ne sappiano niente
dirmi senza un programma dimmi come ci si sente
continuerai ad ammirarti tanto da volerti portare al dito
farai l'amore per amore
o per avercelo garantito,

andrai a vivere con Alice che si fa il whisky distillando fiori
o con un Casanova che ti promette di presentarti ai genitori
o resterai più semplicemente
dove un attimo vale un altro
senza chiederti come mai,

continuerai a farti scegliere
o finalmente sceglierai.


Da un punto di vista strettamente musicale, benché non me ne intenda, si sente come il ritmo e lo stile della canzone cambi rispetto a tutto l'album, come a sottolineare un ambiente diverso.
La canzone si struttura come una richiesta di confessione, nel rivolgersi a Lei, il bombarolo in prima persona, chiede una sincerità che Lei gli ha negato. Attraverso la descrizione di come potrebbe essere l'intervista fatta a Lei, nella quale si troverà a parlare del proprio rapporto col bombarolo, lui rivendica la verità di quell'amore e anche il risentimento che è più che altro amarezza di come sia finita.
Ancora sono i meccanismi della società, che si caratterizza in questo caso in società dello spettacolo, anticipando di molto la situazione attuale, a essere al centro del tema. La figura di Lei, infatti, rappresenta simbolicamente coloro che sacrificano tutto per la propria visibilità e popolarità. Accostando il loro modo di agire a quello della prostituzione, si chiarisce anche parzialmente la metafora lunga, che vedeva nella Canzone del padre la moglie con "gli occhi di una donna che pago". E' così che le strofe: "Digli che i tuoi occhi me li han ridati sempre come fiori regalati a maggio e restituiti in novembre...di confessarlo nei miei proprio identici ai tuoi"; ci descrivono ciò che succede o che il bombarolo pensa succederà e come Lei diverrà probabilmente una donna famosa, forse dello spettacolo, negli anni successivi all'arresto ("i tuoi occhi assunti da tre anni"). Così i suoi occhi, prendono tutte le caratteristiche di un oggetto di compravendita e la loro funzione è quella di una qualsiasi merce, "buoni per setacciare spiagge con la scusa del corallo", probabilmente una metafora che indica come tutto sia finalizzato al denaro o alla fama, come se si stesse setacciando spiagge per trovare qualcosa di bello invece che semplice guadagno. Poi anche gli occhi perdono la loro funzione, ovvero quella di portare ciò che guardiamo verso la nostra libertà interiore, nel "buttarsi in un cinema con una pietra al collo" c'è tutta la miseria di un situazione in cui oltre alla disperazione sullo sfondo, viene sottolineata la schiavitù delle propria volontà. Infine il bombarolo si unisce a quella miseria e a quella solitudine dichiarando gli occhi di lei così identici ai suoi, con il tono nostalgico e amareggiato di un amore spezzato, di cui forse sono vittime entrambi. Le strofe successive non fanno che confermare e proseguire nella descrizione di una donna che si è abbandonata alla cecità della propria condizione, come anche la società vittima del perpetuarsi dei meccanismi di controllo e della assenza di una reale volontà di rinnovamento. E il finale si chiude nella domanda-affermazione disincantata: "continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai", rivolta a lei come a tutti e che non ha certo bisogno di spiegazioni.